Sabato scorso il quotidiano ‘la Repubblica’ ha riportato i dati emersi da uno studio effettuato dall’Eurostat che ha comparato le spese pubbliche effettuate nel 2011 dai Paesi dell’Ue. Tra le varie voci, un dato sembra abbastanza assurdo soprattutto per i beni culturali che possiede l’Italia e per le tradizioni umanistiche di determinate città dello stivale: ovvero quello concernente la spesa destinata alla cultura e all’istruzione. Si legge infatti così nell’articolo pubblicato:
“Per l’Unesco l’Italia detiene il più alto numero al mondo di beni patrimonio dell’umanità. Un dato in controtendenza alla spesa pubblica destinata dal Paese alla cultura: appena l’1,1% del Pil contro il 2,2% medio dell’Ue e all’ultimo posto in Europa dietro anche alla disastrata Grecia che spende l’1,2% del Pil. Peggio. Siamo al penultimo posto (questa volta davanti alla Grecia) nella spesa per l’istruzione: l’8,5% Pil con il 10,9% dell’Unione europea. È quanto emerge da uno studio pubblicato da Eurostat che compara la spesa pubblica nel 2011: in cultura spendono tutti più di noi dalla Germania (1,8% del Pil) alla Francia (2,5%) fino al Regno Unito (2,1%)”.
Ci troviamo dinanzi a due dati che non fanno ben sperare riguardo la crescita del nostro Paese. Probabilmente siamo troppo presi dalle ansie della crisi che sembra affliggere le politiche dei Paesi dell’Ue e pertanto si rischia di tralasciare alcuni aspetti fondamentali della vita e della sopravvivenza di un popolo. Dare maggior lustro ai nostri patrimoni culturali e non lasciarli nella totale incuria sarebbe cosa buona e giusta; così come incentivare gli investimenti proprio su tali beni sarebbe una buona mossa anche in vista degli aspetti positivi che potrebbero scaturire: un sito archeologico in ottimo stato ad esempio, porterebbe maggiori visite e quindi maggior introiti, ciò comporterebbe la crescita dell’indotto che ruoterebbe attorno a tale sito riguardante le guide, gli organizzatori di visite, i custodi, per poi arrivare a maggiori vendite di accessori, di libri, di gadget, facendo nascere in tal modo un vero e proprio circolo virtuoso che negli anni dovrebbe sempre migliorarsi.
Così però non accade e invece di trarre il massimo profitto e di dare valore ai patrimoni culturali del Belpaese, spesso incappiamo in veri disastri, basti pensare a ciò che è accaduto qualche anno fa a Pompei. Essere il fanalino di coda dell’Europa riguardo la spesa pubblica destinata alla cultura è un vero paradosso. Se poi si pensa che anche per la spesa pubblica destinata all’istruzione siamo i penultimi della classe, allora c’è da riflettere. Il futuro delle prossime generazioni è garantito proprio dall’istruzione e se su di essa non si investe molto, non vedo come un popolo possa migliorarsi con l’andare avanti degli anni. Insomma, il progresso è garantito dalle fonti di istruzioni, l’apertura mentale di un essere umano è destinata ad ampliarsi sempre di più grazie al personale grado di istruzione. Ma sembra che tutto ciò, qui in Italia, non interessi più di tanto.
E pazienza se il popolo italiano legge poco, pazienza se si investe poco su cultura e istruzione, pazienza se alcuni siti archeologici cadono a pezzi, pazienza se si investe poco anche nella ricerca, siamo in periodo di crisi e i soldi pubblici bisogna saperli investire bene… in che cosa però, non si sa!