Settembre, lo studente siede al suo tavolo in silenzio.
Accende il computer, un ronzio molesto esce dalla macchina, l’apparecchio quasi decolla, lo studente non si cura della sofferenza dell’aggeggio e continua tenacemente ad afferrare le parole dal libro sotto gli occhi già stanchi. Qualche penna giace sul tavolo, mescolata a euro e tabacco, un tabacco che non fuma da anni ma che è rimasto intrappolato sul fondo della sua borsa, come le migliaia di storie, di libri e matite e suoli di vari ed eventuali mezzi pubblici.
La biblioteca è piena di giovani con i loro volumi freschi di copisteria.
In una stanza piena di una decina di anime ci si sente più soli che in un appartamento qualsiasi ancora intriso degli odori e degli umori estivi, ascoltando lo stesso ronzio dall’ apparecchio usurato.
Lo studente si guarda attorno, la popolazione studentesca è variegata e assorta: la studentessa di giurisprudenza caccia ,dalla borsa firmata, gli appunti ordinati indossando gli occhiali lucidati per apparenza più che necessità.
Lo studente si chiede quanto sia facile indovinare le inclinazioni altrui, se quel ragazzo fisso al computer sia un potenziale architetto o ingegnere, se la ragazza che passa da un vocabolario all’altro sia una grecista, se quella che affoga tra fotocopie e due libri di testo sia una studentessa di lettere.
Di lui si direbbe poco, la ragazza al suo fianco potrebbe pensare che sia un perdigiorno, di quelli che passano il tempo facendo compagnia al compagno di banco, rumoreggiando, ignaro del volume del suo ipod, domandando con puntualità ogni 20 minuti una pausa per il solito caffè, che la pausa dura sempre più dello studio. I ritardatari che giungono in biblioteca mezz’ora più tardi, scrutando nell’orizzonte, sperano sempre che la sedia vuota sia vuota davvero per poi sentirsi rispondere –no, è occupata- , magari le uniche persone che avrebbe davvero studiato.
Lo studente con la barba sfatta, la camicia stropicciata custode di odori di tabacco e sudore, gli occhiali appannati e i capelli arruffati, sotto il braccio ha un libro, dei fogli e una matita, niente giochi, lui studia chimica.
Dopo esercizi e la perdita di diottrie, quattro caffè e il numero di telefono della grecista alla sua destra salvo tra la pag. 102 e la 103, lo studente torna a casa, affamato.
Il coinquilino spagnolo dorme sul divano all’entrata di casa, 80 metri quadri di entropia, si gira sul fianco all’udire il rumore della porta, continua a dormire.
Nella dispensa giace morto un cartone di birra, il frigorifero grida assordantemente la sua solitudine, troppo presto per un aperitivo, troppo tardi per il pranzo.
La ragazza del piano di sotto, ricorda, lavora in pizzeria, probabilmente avrà qualche pizza a casa, pensa uscendo. La porta sbatte di nuovo dietro di lui, il coinquilino spagnolo grugnisce, si gira e cade, continuando a dormire.
La ragazza della pizzeria divide i resti del suo pranzo con lo studente, non riuscirà a laurearsi in questa sessione, dice. La pizza è buona, l’indomani nella stessa ora lo studente avrà il suo di esame, la ragazza ascolta l’ultima hit di Lady Gaga, lui preferirebbe piuttosto il grugnito del coinquilino spagnolo.
Il fidanzato è assente e la ragazza si lascia baciare.
L’ultima sigaretta viene fumata dopo un’ora, nel pacchetto non resta neanche quella della sera, di quando l’ultima pagina del libro stenta a farsi leggere il sonno è già piombato pesante sulle spalle stanche.
Il distributore, fedele, aspetta all’angolo con la farmacia, un pacchetto di Lucky Strike, l’amore mio è come una Lucky Strike e non la spengo, canticchia lo studente sotto la pioggia leggera che preannuncia la bufera notturna, nell’incipiente settembre.
Dieci di mattina, due ore all’esame, la testa vuota e nello stomaco, cullato, c’è l’ultimo caffè.
La memoria resta fiacca, nessun problema, è solo mattina, si conforta lo studente.
Dodici all’appello, lui è il terzo. Tre quarti d’ora dopo le 14.00, il prof chiama il suo nome.
Passandosi una mano tra i capelli forti della doccia notturna, le labbra tese ad attendere la domanda mentre in testa si affaccia prepotente la canzone di Lady Gaga del giorno prima, lo studente, incredulo si ricorda anche le parole.
-Dunque mi spieghi perché il difeniletere non può essere preparato con la sintesi di Williamson-
Lady Gaga, improvvisamente smette di cantare.
Lo studente esce venti minuti dopo dall’aula, leggero quanto la parmigiana della zia abruzzese. Sul libretto c’è un 28. In tasca, avvolto nella sua modalità silenziosa, giace il cellulare, dal libro di chimica lo studente va a pagina 102, digita il numero e chiama la grecista.