Non c’è nulla di male a spiare le persone, no? Da qua si vede tutto. L’avvocato Barboni al primo piano, i figli di quella del quarto che soffiano sempre le bolle di sapone dalla finestra, la moglie del macellaio che la sera si sveste (dorme nuda).
Certamente immergersi nella vita degli altri non è vivere la propria, ma perlomeno rifuggo dalla dannazione. In questa casa non si respira un attimo. Mia sorella si lava di continuo: io non sopporto il rumore del phon, il profumo del suo balsamo. Mio papà beve quattro lattine di birra a sera, ma russa troppo la notte, ed io non riesco a dormire.
Mia mamma… Oh, mamma, quanto mi manchi.
Sapessi la signora del palazzo di fronte come ti assomiglia!
L’altro giorno è uscita di casa piuttosto presto. Solitamente lo fa verso le nove. Io lo so perché la seguo con gli occhi da mesi. Me ne sto piazzato qui, davanti alla finestra. Scosto leggermente le tende che tu stessa anni fa montasti, perché papà era troppo impegnato a giocare a poker. Ecco, le scosto e vedo la finestra della signora Carlotta. Sono sicuro che le sue mani sanno di torta alle mele, proprio come le tue.
Tutte le mattine esce alle dieci. Anche la domenica: va alla messa. Rientra verso mezzogiorno, immagino prepari il pranzo, si riposi un po’ e poi verso le cinque – a volte cinque e dieci, altre cinque e venti – esce di casa. Dove va, ti chiederai?
L’ho scoperto la settimana scorsa. Fuori pioveva, non avevo per niente voglia di togliermi la tuta e vestirmi ma l’ho fatto lo stesso. Ho visto il portone aprirsi e la figura di lei uscire. Esile e slanciata, è entrata in macchina, ha afferrato un ombrello rosso – rosso e appariscente – lo ha aperto e con una corsetta ha attraversato tutto il viale.
Vedessi con che fretta mi sono vestito! L’ho seguita a passo svelto, senza farmi vedere. Di tanto in tanto lanciava occhiate alle sue spalle: inclinava leggermente l’ombrello e con degli occhi persi, bellissimi, faceva attenzione a non essere vista. Ma da chi? Perché?
E’ entrata in una caffetteria ed è uscita con due bicchieri di cartone di caffè, o forse cioccolata, chissà.
Per un attimo l’ho persa di vista, ma il suo odore mi ha aiutato a ritrovarla. Aveva un profumo di…non so, hai presente quelle fragranze che ti trascinano in un oceano? Un odore…blu. Profondo, freddissimo. Come un cane da caccia ho fiutato l’aria e ho scorto un ombrello rosso all’angolo della via.
Ho atteso che uscisse da quella porta. Ore dopo. I capelli scombinati, leggermente bagnati sulla fronte, come sudati. Il collo arrossato, le guance vive, piene di colore. E un sorriso in volto, così solare e bello e realizzato, che ti fa sentire al caldo, al sicuro, che ti intiepidisce i pensieri…lo stesso sorriso che ho ogni volta che penso a lei.
Che penso a te, mamma.