Narciso un dì specchiava il suo “essere” perfetto
sulla stagnola acqua di quel liquido laghetto.
Rapinato dal suo sguardo, che sguardava con possesso,
tralasciava il mondo indietro, per restare con sè stesso:
-Io lo vedo, lui mi osserva, egli è me e lui son io.
Quel ch’è certo, non ci piove, è che è bello come un dio!-
Rifletté: – Si lui mi piace …e d’altronde, orsù, m’è uguale!.
Un incanto di visione! Di mia vita unico sale!-
E un cupido un po’ confuso, qui scoccò un bel dardo lesto,
stravolgendo il proprio fare… così, almeno, in sto’ contesto.
Ricordava innamorati che di norma vanno in coppia
coinvolti da un sol strale. Mica da una freccia doppia!
E il riflesso gli rimanda, e lui fa, anche, altrettanto,
un amore circolare, senza fin, ch’è tutto un canto!
Ma una foglia, sangue d’ottobre, slalomando lungo l’aria,
increspò in concentricerchi la distesa piana acquaria.
Irradiato in cerchi molli, il riflesso di Narciso,
rimbalzò al suo gestore, come un urlo, all’improvviso.
Non capì che sol l’imago, che stagnava nel laghetto,
si increspava, e allor temette, che fossanche, il bel suo aspetto.
Quelle onde, spande e tonde, immutabili ma in moto,
dilagavano lo specchio, disperdendo il viso in nuoto.
Pensò: – Ahimé! Sto dissolvendo, in concentrici nel vento!-
Disse addio a dei ideali e crepò, lì, di spavento.
Se poi qui vogliam trovarne, di morale, almeno una…
sarà che, passato un tempo, sale sempre in ciel la luna.
Che tu abbia aspetto angelico od ostenti orrendo ghigno,
ammazzarti, non è detto, sarà mai, peso macigno.
Come visto nel poema, che si voglia o non si voglia,
ad annunciar la nostra resa può riuscir la lieve foglia.
Aspettar l’inaspettato e convivere con esso,
cede il fil della tua vita, nelle mani in tuo possesso.
Ma però, che non si dice, c’è l’incognita in agguato.
Un momento tu sei vivo, batti gli occhi e sei spacciato.
Cosa far quindi non so. Siam momenti di un pianeta.
Può arrivare un uragano e poco dopo è già aqua cheta.
Riflettendomi, però, scopro il tempo sulla faccia,
lo considero un amico e faccio che, questo mi piaccia.
Vivo la trasformazione, cavalcando i cerchi in fuga,
invidiando, veneranda, la tranquilla tartaruga.
E se queste congetture sono in parte un poco astratte,
non tirate fuori il diavolo, i coperchi e le pignatte.
Si, il discorso l’ho un po’ perso, perdonate, non ne posso.
Se vedeste ora il mio viso, lo vedreste tutto rosso.
E’che é, troppo complesso, l’argomento qui trattato.
Non si può parlare a vanvera o gettar fiato sprecato.
Cos’è il Tempo oppur la Morte o ancor peggio: che è la Vita?
Per qualcuno è un male atroce, per qualcaltro la partita.
Il segreto sta in quei cerchi, che una diaspora segreta
rende placidi ed infiniti, da ogni stella ad ogni pianeta.
E’ in quell’onda, la risposta, che dal centro fugge emersa.
Rende grande e anche importante ogni causa, anche se persa.
Son le fusa del tuo gatto, stender segni sopra un foglio,
pane nero abbrustolito, pomodoro, aglio olio.
L’universo, le speranze, le balene e il loro canto.
L’ascoltare nella notte, di un neonato, il forte pianto.