Ci sono innanzitutto un paio di motivi molto pratici.
Primo. Scrivere te lo insegnano a scuola. È il solo linguaggio artistico che viene insegnato in modo approfondito durante tutto il percorso scolastico. Pensateci: quello fotografico e quello cinematografico sono pressoché assenti; quello musicale e quello figurativo sono presenti in modo molto ridotto rispetto alla scrittura, e comunque con modalità più teoriche che pratiche. Invece di temi e di “storie” ti viene chiesto di scriverne fin dalle elementari. E questo fa sì che, per tanti, scrivere risulti naturale anche dopo la scuola, o comunque più naturale di altri linguaggi.
Secondo. Scrivere costa poco. Non in termini cognitivi, intendiamoci. Ma in termini economici e organizzativi. È il linguaggio più accessibile da questo punto di vista: tutti oggi hanno un computer, molto più di quanti ieri avessero una macchina da scrivere, e questo basta. Inoltre, si può scrivere da soli e un po’ ovunque, non si dipende da altri (a meno che non si decida di scrivere in modo collettivo, come noi, ma questa è un’altra storia) e non serve nemmeno uscire di casa, specialmente oggi che anche documentarsi è diventata solo questione di accendere il computer e collegarsi al web.
Quindi, scriviamo. Ma perché farlo – ci chiediamo qui – anche oggi che si legge sempre meno? In effetti, a livello di fruizione del pubblico, il linguaggio scritto è diventato solo uno fra i tanti. Da un lato, perché a scuola non è più quello nettamente privilegiato, dall’altro perché, in quanto ad accessibilità, gli altri linguaggi, con le nuove tecnologie, sono divenuti più fruibili e meno costosi. Però, crediamo, scrivere è ancora sensato. Forse oggi più di ieri, e non solo per i motivi strettamente pratici già enunciati.
Parliamo in particolare della scrittura narrativa. E crediamo che il senso di scrivere storie si ricavi oggi soprattutto quando la scrittura narrativa incontra l’impegno civile. Ovvero, quando la narrativa non si limita a sguardi intimistici, non si raccoglie su se stessa, ma si apre alla realtà, alle dinamiche sociali. Per descriverle, informare, farle conoscere. Il caso più emblematico, in Italia, facendo riferimento agli ultimi anni, è senz’altro quello di “Gomorra” di Roberto Saviano, che, se qualcuno non lo ricorda, è da un punto di vista tecnico, un romanzo a tutti gli effetti. Un esempio che consente di comprendere il grande valore della scrittura narrativa oggi, sia rispetto alle altre “scritture” – quella giornalistica e quella saggistica – sia rispetto agli altri linguaggi.
Da un lato, appare chiaro oggi che se Saviano avesse scritto un’inchiesta giornalistica o un saggio sulla camorra, non avrebbe ottenuto la stessa risonanza e la stessa efficacia nella trasmissione del messaggio. Questo perché la narrativa – che anche quando racconta fedelmente la realtà, comunque crea personaggi, storie, scenari, tempi, ritmi – ha un potere di accattivare (si potrebbe forse dire emozionare) il pubblico molto maggiore del giornalismo e della saggistica.
D’altra parte, da Gomorra, usando un altro linguaggio, è stato tratto anche un film, di grande valore artistico anch’esso. Eppure, non ha avuto la stessa capacità di penetrazione del libro di Saviano. Perché? Forse perché la scrittura, se è buona scrittura e se è ben utilizzata, come nel caso di Gomorra, ha ancora un fascino maggiore, dovuto forse ai tempi di fruizione (un film dopo due ore finisce, un libro ti accompagna per settimane) o forse alla partecipazione richiesta al lettore (un film ti mostra tutto, un libro ti lascia immaginare tanto) o forse al contatto fisico (un film lo vedi, un libro lo tocchi). Da questi punti di vista, un libro crea un’intimità, una compartecipazione e un’intesa col proprio utilizzatore che restano molto maggiori di quelle di qualunque opera d’arte creata con altri linguaggi.
Tutto questo ragionamento si declina, infine, e se possibile si rafforza, anche rispetto all’esigenza di raccontare il territorio. Ed è sempre Gomorra a farcelo capire bene. In quale altro modo Saviano avrebbe potuto raccontare con la stessa efficacia la morsa letale della camorra sulla sua terra? Con una telecamera in mano? Troppo visibile. Con canzoni o fotografie? Troppo limitato. Probabilmente solo scrivendo.
Scrivere, per i motivi detti all’inizio, è cosa immediata e tutto sommato facile. Ed è soprattutto rispetto all’esigenza di raccontare i territori, oggi che la crisi economica riduce le risorse e gli altri linguaggi appaiono meno accessibili alla scala locale, che la scrittura può avere davvero una marcia in più. Purché non sia la cronacaccia nera d’accatto dei quotidiani locali, ma resti sempre “vera” scrittura.