La vita in campagna tranquilla e silenziosa? Non siete mai stati da queste parti. Almeno, non avete mai vissuto in un casale un po’cascante, accomodato su due piani traballanti, privo di coibentazione termica e acustica. E di un sacco di altri comfort – ma questa è un’altra storia-. Probabilmente non vi siete mai svegliati al canto del gallo (che no, non è un’invenzione letteraria), tentando faticosamente di riprendervi da un sonno non finito mentre due Nane e una Pargola, fresche come una rosa di maggio, si preparano per il nuovo giorno.
Le Nane hanno 6 e 8 anni, la Pargola 12. Hanno anche dei nomi veri e propri ma, dati i centimetri scarsi dell’età, nel gergo famigliare si usa chiamarle così. Le prime vivono al piano di sopra, la seconda al piano di sotto ma il tramestio arriva indistinto da su a giù e viceversa, per la gioia delle inquiline adulte che preferirebbero un risveglio più rurale, tipo al leggiadro canto degli uccellini. Peccato che gli uccellini svernino altrove, tipo alle Bahamas. Mica scemi.
Alle 6.30 di ogni mattina, volenti o nolenti, bipedi e quadrupedi del casale sono nel pieno dell’attività. Travolti dall’eccitazione, i due cani e i due gatti rincorrono Nane e Pargola su e giù per la casa, infilandosi tra le gambe di due madri insonnolite e barcollanti con un grado di eccitazione sotto zero, come la temperatura dell’alba.
Alle 6.30 di ogni mattina, nolente, insonnolita e barcollante, mi affanno a partecipare alle operazioni mattutine della Pargola. Più per coscienza materna che per utilità. A dispetto della giovane età, le tipe under 18 sono assolutamente autonome.
Alle 7 di ogni giorno d’inverno, intabarrate in coloratissimi giacconi, guanti, sciarpe, cappucci e stivaloni per la neve, anche se la neve non c’è, Nane e Pargola si incontrano nel gelo dell’ingresso principale; salutano madri e amici quattro zampe, agitando bianchi fazzoletti come se partissero per le Indie, e si avviano alla fermata dello scuolabus.
Dalle finestre, agitando fazzoletti bianchi (su ordine categorico delle Nane) noi madri, adulte della casa, le osserviamo saltellare dietro a lepri, conigli e malcapitate caprette in un vortice di schiamazzi e colori che precipita allegramente a valle. Qualche volta, al minicorteo si uniscono i cani/gatti, non autorizzati, spinti dallo spirito d’avventura o, più probabilmente, dalla prospettiva di un pasto extra (ci sarà pure un incauto coniglio che si lascia acciuffare, no?). Quelle volte lì, a noi indaffarate genitrici tocca scendere precipitosamente a valle e salvare i fuggitivi da una semiurbanità cui non sono avvezzi. Quando la luce del mattino comincia a rischiarare noi, le adulte, siamo già esauste.
Una mattina di qualche giorno fa pioveva a dirotto. Una di quelle piogge scroscianti che colora il cielo di un grigio minaccioso e trasforma i campi in una palude melmosa. Insomma, una di quelle mattine in cui ti svegli al suono di una valanga di sassi che si abbatte sulla casa e poi ti ricordi che i muri non sono insonorizzati. Una mattina in cui ti alzi maledicendo gli uccellini che se la spassano alle Bahamas e tu no, in cui pensi che se sentirai qualcuno dire con aria più ebete che sognante “ in giornate così, a me piace mettermi sotto le coperte e guardare la pioggia che scende”, lo legherai al letto, costringendolo a guardare la pioggia che scende tutto il santo giorno. Per togliersi il vizio di dire fesserie pseudo poetiche. Da queste parti quando piove sono cavoli. E fango.
All’alba di quella mattina, dicevo, decisi di accompagnare Nane e Pargola alla fermata dell’autobus. Non è lontanissima la fermata ma abbastanza per infradiciarsi e infangarsi per benino. Non che alla Pargola e alle Nane importi infradiciarsi e infangarsi per benino, anzi. Ma a me sì. Ne va della mia precaria coscienza di madre-sempre-in-colpa.
Alle 7.00, puntualissime, le Nane sono già pronte, con gli stivali da pioggia, gli ombrelli a forma di rana e i loro “mezzi zaini”.
“Come mezzi zaini?”
“Eh, perche’ieri era giornata lunga e abbiamo lasciato gli zaini a scuola così oggi c’abbiamo il mezzo zaino”. Elementare, donna, ma ti dobbiamo spiegare proprio tutto?
“Ah, certo. Giusto. Comunque stamattina vi porto giù io”, annuncio alle due rane con mezzi zaini e stivali da pioggia.
La Pargola, non ancora rassegnata allo sfumare della sua indipendenza, mi lancia uno sguardo di disapprovazione. Tuttavia, all’insistenza del diluvio e dell’autorità materna, capitola. Più a quella del diluvio in verità. L’autorità materna non la smuove più di tanto.
“ Ieri notte, c’è stata una guerra di gatti” racconto mentre finisco di prepararmi. “ Ho spruzzato acqua a destra e a sinistra mentre Sciusciù gli abbaiava e alla fine li abbiamo fatti scappare”.
“Eh sì “ conviene la nana Isa, “Sciùsciù (la cagna) a Ciro e Cira (i gatti) li protegge”. Eh sì, in barba agli stereotipi (sempre cane e gatti sono), nel momento del bisogno la solidarietà prevale. Dal mondo animale noi adulti potremmo imparare un paio di cosette utili. Come, per esempio, dare loro nomi più dignitosi…
“Che ore sono?” farfuglio con lo spazzolino tra i denti.
“Le 7.15” risponde la NanaTommy
“Le 7.30” dice la NanaIsa
“Veramente sono le 7.20” aggiunge precisa la Pargola.
In questa casa non si sa mai che ore sono. Ogni orologio segna un orario diverso. A giudicare dal buio, saranno proprio le 7.20 e lo scuolabus fa il secondo giro alle 7.40.
“Mancano una ventina di minuti, preferite aspettare qui o in macchina?”
Novelle componenti del “Comitato Dove Aspetto” testè fondato, le tipe organizzano una rapida consulta cui seguono un’ancora più rapida votazione e la proclamazione del verdetto di maggioranza: aspettiamo in macchina . Caspita! I nano-parlamenti sì che funzionano. Mai vista prendere una decisione in tempi più brevi e modi più civili. D’accordo, dico. Nessuna obiezione, in fondo io sono solo l’autista. Ci infiliamo nella Scassona, il vecchio macchinone della madre delle Nane, e ci avviamo a valle. Arriviamo a destinazione, come previsto, con 10 minuti di anticipo.
“E ora che facciamo?” chiedo, ingenuamente, perché le tre tipe un piano, in verità, ce l’hanno.
“Bè, il Forno è aperto” butta infatti lì la nanaTommy.
“Ma non ho portato soldi!” esclamo, non senza l’infame fitta di madre/donna- sempre-in-colpa che mi attanaglia. Ma che si va in giro senza soldi? E se succede qualcosa? Mi sembra di sentire mio padre…
“Ce li ho io” interviene la Pargola. E meno male che l’adulta sono io.
“Ah, e quanto hai?”
“Due euro!” sentenzia lei trionfante.
“ E che ci comprate con due euro??” domando con tono di bonaria sufficienza. Beate fanciulline innocenti che credono nel potere d’acquisto di 2 euro.
“Eh, tanto” dice la NanaTommy, negli occhi lo stesso brillio di chi ha appena vinto 5 chili di nutella al quiz della domenica. “Almeno sei, sette biscotti!” aggiunge estatica la NanaIsa. Alla faccia dell’innocenza. Qui è tutto calcolato. Ma a cotanta anticipazione di goduria è veramente difficile resistere. Non mi resta che approvare il piano. Scendiamo dalla Scassona e facciamo il nostro ingresso al Forno.
Ci avvolge l’odore di pane appena cotto e di altre delizie altrettanto profumose. Mentre io, madre senza portafoglio, annuso cornetti e panini, le tre mini donne si consultano bisbigliando incomprensibili bisbigli, poi, velocissime, una indica i biscotti scelti, un’altra li prende e la terza paga. Cinque secondi dopo siamo fuori con un gran bottino: 12 biscotti! Hai visto, donna di poca fede?
Già, ho visto.
È ancora un po’ buio e il freddo è pungente ma la Pargola e le Nane non ci fanno caso. Sono troppo occupate a dividersi il bottino. L’operazione è fascinosamente democratica. Non un litigio, un insulto, un’offesa, un dispetto. Il nano-parlamento, alle riunioni del G8 sulla distribuzione dei fondi gli fa un baffo. E ci ricava pure un sacco. Quattro biscotti a testa. Mica cotiche.
Nel frattempo, arriva il NanoLoris che non può partecipare al festino a causa dell’apparecchio ai denti e allora si becca un colpetto sulla spalla. Ma lui, lesto come una lepre, ne dà subito uno a me. La nanaTommy mi guarda, alza gli occhi al cielo –santa donna. E reagisci no?- e, di fronte alla mia inerzia, mi dice che ora ce l’ho io.
“Oddio, cosa? Che cosa ho?”
“ Eh” mi rispondono le nane con aria di bonaria sufficienza “ce l’hai e basta”.
“E se io faccio così?” e do’ un leggero colpetto al nanoLoris con l’aria di chi ha capito tutto e agisce di conseguenza. Mica sono nata ieri, qualche trucchetto me lo ricorderò pure.
Ma, a giudicare dal seguito…pare proprio di no. Il nanoLoris mi guarda con sufficienza (neanche più tanto bonaria) e mi mostra compiaciuto due dita incrociate. In che mondo vivi cocca, mo’ ce l’hai e te lo tieni. Ecco. Due dita incrociate e la mia baldanza è andata a farsi friggere.
“Allora ce l’avrò per tutto il giorno?” mi informo rassegnata.
“Eh, sì” mi commiserano tutti. La Pargola, in virtù della stretta parentela, mi fa anche pat pat sulla spalla.
Arriva l’autobus, il gruppetto di Nane, Pargola e affini prende posto. Dal finestrino, stringendo tra le mani il loro prezioso bottino, mi guardano preoccupate: ce la farai donna? Non farci stare in pensiero. Le rassicuro con lo sguardo: tranquille. Andrà tutto bene.
Torno alla macchina. Sulle note del motore della Scassona che suona a locomotiva a vapore, mi scoppia dentro una gran risata. E va bene “ce l’ho”, eppure il cielo mi sembra meno grigio, la pioggia meno intensa, il fango meno melmoso. Mentre la Scassona arranca su per lo sterrato verso casa, c’ho anche un’idea che mi sorride sorniona. Chissà se l’altra adulta della casa, il trucchetto delle dita incrociate lo conosce. Hai visto mai.