O natura quieta e burrasca,
tu che germogli,
e lei che fredda giace.
Non ti curare
del suo respiro,
perché in te ricongiungersi è facile.
Brezza fresca, aria di tempesta che mi scaldano il cuore,
Mare felice e tempo avverso che su di lei riverseranno,
l’arie di pace e speranza.
E nel tuo amore fiorito,
lei resterà per quel tempo infinito
tanto che lei integra, nel tuo spazio ferito, vivrà.
E vivrà nel secolo, nell’anno,
prima dell’alto cammino che
di porte aprirà al mio animo infelice.
Non il ricordo, non l’acque fredde più toccherai ma credo che in te,
il sollievo sarà un dolce sentir di care virtù.
E niente e nessuno sapranno dire se di te traccia è rimasta,
se non quel vago ed ingenuo sorriso,
nel qual io ristoro trovavo.
Chissà se il tuo volto ne’ cieli già splende,
chissà se le tue sofferenze hanno fatto di me un uomo maturo,
ma dire che senza di te tutto è uguale alle passate carezze,
è dire che l’aere inquiete del suo tormentoso sospiro ho privato.
Respira ancora,
riposa nei freschi campi d’estate,
e ne’ tiepidi autunni trova ancora l’antico piacer dell’amor perduto.
E tu ancora giovine, me ancora in fasce già portavi girando per il mondo ristretto,
nessun dispiacere poteva turbarti
ché ormai temprata dai più amari dolori.
E tu che hai sofferto sul mio pianto gentile,
ed io che ti porto sempre nel cuore,
ma né il tempo , né lo spazio agir
sull’amaro rimpianto potranno di non averti vista spirare.
Eppur quei miei occhi lucidi, senza pensieri, se non scellerati, ti sorvegliavan da lontano,
e il mio pensiero, futuro e presente andrà a te,
che vivida e assente mi guardavi spesso stranita.
E quelle tue voci che di sera sentivo,
mi faranno ricordare le tue dolci parole, anche quelle mai dette.
E quei miei gioghi infantili che tanto ti dilettavano sono ormai un remoto sentir, ma il tuo ilare riso che di là risuonava mi fa ancora star bene.
E quei frutti maturi che nelle tue mura gustavo?
Che ne sarà di quei momenti passati ormai infranti da l’arida tua morte?
Pensami dall’alto dei cieli o dalle profondità delle membra marine,
pensami e rincuorami quando trovi un momento,
sappi però che sempre uno spazio nel mio cuor misero troverai.
Dammi vigore, ma riposa più di quanto tu abbia mai fatto; resta serena e godi del canto di Madre Natura che nuova vita ne’ prati di vasta stesura e ne le notti di stelle darti saprà.
E allora, sicuro della tua incessante presenza,
basterà ch’io ti guardi nell’erbe rigogliose,
nell’onde spumose o ne’ germogli di primavera per ricordarmi del tuo soave tepore quando ancor resistevi.
Dimenticarti non potrò,
perché tu ormai mi circondi,
ogni materia è fatta di te e gli uccelli che volano in alto nel cielo turchese non fan altro che carezzare la tua candida spoglia.
Ed io ti seguirò dappertutto,
ché ormai so che anche dietro la grezza corteccia de’ meli appassiti e grinzosi, tu ti nascondi e nell’abbracciare quell’albero,
troverò lo stesso antico sollievo che provavo da piccolo quando tu mi stringevi al tuo petto ansimante.