“Dio non è il cioccolato, è l’incontro tra il cioccolato e un palato in grado di apprezzarlo”, dice Amélie Nothomb nel suo bellissimo “Biografia della fame”.
E allora parliamone. Non di Dio, né del cioccolato.
Parliamo della fame.
La fame non riguarda solo il cibo, eppure quando diciamo il termine ad alta voce è al cibo che vanno i nostri pensieri: a frigoriferi pieni, a piatti abbondanti, a dolci grondanti creme, a salse goduriose.
Ma più in generale si può aver fame di tutto ciò che esiste: cultura, sentimenti, incontri con altri esseri umani, successo, conoscenza, ecc.
Le fami vanno di pari passo. Le assenze di fame anche.
Sei stata bulimica e non lo sei più? bene, vuol dire che hai vinto quel vorace bisogno di mangiare e poi metterti un dito in gola e ricominciare da capo; ma non è finita proprio tutta lì perchè la bulimia si sarà spostata in altri campi: il sesso, le relazioni, lo shopping.
Ma davvero siete così ingenui/e da credere che noi mettiamo una dinamica in un solo settore della vita?
Ognuno di noi è un delicato equilibrio e credo che nessuno abbia il diritto di scombinarlo con consigli più o meno professionali. Ci sono similitudini ma non sono sufficienti a farci adottare un metodo standard per tutti.
L’assenza di fame non ci fa creare né cercare: diventiamo mansueti, il che non significa persone deboli o fiacche, né senza carattere o timide; i mansueti sono concilianti, tolleranti e flessibili.
Il fatto è che la fame e la sua assenza devono per forza di cose alternarsi.
Un’altra polarità della vita.
E’ sempre a questo concetto che dobbiamo porre attenzione.
Diventare equilibrati, non secondo le regole di qualche guru alla moda, ma secondo il nostro personale, insostituibile, inimitabile Essere.
La ricetta dello chef prevede delle quantità precise e sarà sicuramente buonissima, ma se provate a variarla secondo il vostro personale equilibrio potreste scoprire delle verità nascoste.
Se non riuscite a variarla potreste scoprirne delle altre.