Parlare della Divina Commedia significa avvicinarsi al soprannaturale. Da una parte, perchè l’argomento oggetto dell’opera è il viaggio dell’anima dal regno dei dannati a quello della beatitudine celeste; dall’altra, perchè anche solo l’idea – e poi naturalmente il successivo atto – di scrivere un poema di tre cantiche, cento canti e quattordicimila versi divisi in terzine di endecasillabi con rima incatenata, è qualcosa che va oltre l’umano pensare ed agire.
Armato di un talento senza pari, e forse con l’ausilio di un’assistenza divina, Dante Alighieri comincia a metter giù l’impalcatura di quella che, all’unanimità, viene considerata la più grande opera letteraria di tutti i tempi. Siamo agli albori del XIV secolo quando il Sommo Poeta decide di dedicare tutto se stesso alla composizione del suo capolavoro. Si rende protagonista del progetto, immaginando quel viaggio che l’uomo non si stancherà mai di raccontare: viaggio dell’uomo e dell’anima. Dall’Inferno al Paradiso, passando per il Purgatorio: a ciascun regno è dedicata una cantica, ognuna a sua volta composta da 33 canti (eccezion fatta per l’Inferno, in cui i canti risultano 34 perchè uno funge di fatto da proemio).
L’Inferno è da sempre la cantica che più ha affascinato i lettori di ogni epoca e ogni continente. Dante costruisce con una sapienza magistrale il regno di Satana, dove i dannati scontano per l’eternità pene strazianti, conseguenza logica del comportamento che quelle anime – un tempo prigioniere del corpo – hanno assunto nel corso della vita terrena. Una rappresentazione che ha conosciuto una fortuna immensa: il poeta fiorentino, in accordo al credo cristiano e cattolico, si fa certamente portavoce e “pittore” dei suoi tempi – il Medioevo – ma crea di fatto quell’iconografia dell’Inferno che ancora oggi, e probabilmente per sempre, persiste nel nostro immaginario collettivo.
Abbiamo utilizzato l’aggettivo “logico” a proposito delle pene: e non certo a caso, come ovunque nel capolavoro di Dante. A governare l’esplicarsi delle pene stesse, infatti, è la celeberrima legge del contrappasso, che si basa su una corrispondenza o un’opposizione tra il carattere della pena e quella del peccato. Avremo modo di vederlo concretamente e da vicino, negli incontri del nostro pellegrino con le anime dei dannati, che gli procureranno a volte sentimenti di commozione e pietà, altre volte rabbia e sdegno.
E un capolavoro di logica è anche la struttura fisica di questo regno della dannazione, che poggia su una solida base di matrice aristotelica (lo Stagirita era considerato una auctoritas di prestigio nel Medioevo). In base alla concezione geografico-cosmologica di allora (fondata naturalmente sul sistema tolemaico, con la Terra al centro dell’universo e il Sole e gli altri pianeti che le ruotano attorno), il mondo è diviso in due emisferi, uno completamente formato dalle terre e l’altro interamente sommerso dalle acque. Al suo centro sorge la città santa, Gerusalemme. Ed è proprio nei suoi pressi che si apre la voragine a forma di imbuto che costituisce l’Inferno: una voragine formatasi in seguito alla caduta di Lucifero, l’angelo ribellatosi a Dio e cacciato dal Paradiso; la terra, inorridita dall’imminente contatto, si ritrae e forma la cavità all’interno della quale Dante compie la prima tappa del suo lungo viaggio.
Il poema inizia con il rinomatissimo smarrimento nella selva oscura. Mentre tenta invano di risalire il pendio di un colle, ostacolato da tre belve che rappresentano altrettanti vizi (la lonza, il leone e la lupa, simboli rispettivamente di lussuria, superbia e avarizia), il nostro pellegrino viene soccorso – per intercessione di Beatrice – da Virgilio, splendida metafora della ragione che accompagna la fede, presenza fondamentale in tutta la cantica, padre e guida infallibile.
L’Inferno – preceduto da un Antiinferno che ospita gli ignavi – è diviso in nove cerchi concentrici, che procedono secondo la gravità del peccato punito. Il primo cerchio è costituito dal Limbo, dove si trovano le anime dei giusti che hanno vissuto prima della venuta di Cristo. Poi, procedendo verso il basso, troveremo gli incontinenti, gli eretici, i violenti; quasi al fondo troviamo i fraudolenti, coloro che hanno piegato il dono divino dell’intelligenza per far del male agli altri. Infine i traditori.
E conficcato nel ghiaccio, al centro della Terra, è Lucifero, tra le cui fauci si trovano i corpi straziati di Giuda, Bruto e Cassio: il primo traditore di Cristo, il secondo e il terzo di Cesare. Sono il Papato e l’Impero, i due poteri finalizzati al conseguimento della felicità spirituale e terrena.
L’ultimo luogo dell’Inferno è la natural burella: un posto ascoso, una grotta buia, uno stretto corridoio che conduce alla base di una montagna.
Siamo alle soglie del Purgatorio.