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Elis era lì, con la faccia piatta come un muro, e guardava inerme ciò che non poteva in alcun modo evitare. Piangeva lacrime nere, sporche di rabbia. La vita l’aveva privata di tutto, ed ora che non aveva più niente da rubarle era pronta a togliere il disturbo. Elis lo sapeva, ma non poteva fare a meno di lottare come aveva sempre fatto, anche se adesso si ritrovava con le mani legate e un deserto intorno. Lottava contro la paura, ché almeno quella si facesse da parte: se doveva morire, lo avrebbe fatto con gli occhi spalancati e una bestemmia tra i denti. Lottava contro la tentazione di pregare, perché da quando era nata non lo aveva mai fatto e non poteva cascarci proprio ora. Lottava per sentirsi viva fino all’ultimo respiro.
Il conto alla rovescia era partito: il boia si alzò e le chiese se volesse essere bendata.
«Se mi è concessa una richiesta» ribatté, «vorrei sapere perché sto per morire».
Nessuno rispose.
L’uomo si avvicinò con la pistola già carica e gliela puntò alla tempia.
Elis, in un secondo, chiuse gli occhi e maledisse il mondo.
Perse la speranza, la forza e la vita. Ma alla fine vinse lei.