Dicean ghignando che a la donna sola,
A la rejetta, a l’esule, a la mesta,
Non più l’arte, che inalza e che consola,
Darebbe fiori per la bionda testa.
La Musa, invece, intorno ad essa vola
Sempre fida qual pria, nobile, onesta
E fa negl’inni udir la sua parola
Che memorie e speranze in lei ridesta.
Insieme van così lungo il sentiero
Triste del mondo, che soltanto ha fine
Ne l’alta erba là giù del cimitero.
Ingombro è il suol di rettili e di spine,
Di minacciose nubi il cielo è nero,
E pur cantano ancor le pellegrine.
Contessa Lara.
Dicevano, ghignando, che una donna non poteva fare certe cose. Che non ne era capace. Dicevano, con malevolenza, che Evelina Cattermole, giacché rimasta sola e privata dall’onore (perché scoperta a tradire un marito che la ignorava e che a sua volta la tradiva da anni) sarebbe stata abbandonata dalla Musa.
Eppure, io sono qui, dopo più di duecento anni, a parlare di lei.
V’invito a conoscerla, e anche voi, come tutte le persone che le gravitavano intorno, ne rimarrete affascinati e completamente assoggettati.
Contessa Lara è lo pseudonimo “byroniano” che si sceglie, lei stessa, alla pubblicazione della seconda raccolta di poesie intitolata Versi , nella quale è raccolta la poesia di oggi. Un nome d’arte a metà tra il romantico e lo sfacciato, ispirato, forse, al nome di un pirata spagnolo che sbarcato in Inghilterra aveva trascinato il popolo in una sommossa. La scelta di cambiare nome al momento della sua seconda pubblicazione fu un chiaro segno di un cambiamento decisivo: la sua prima raccolta di poesie Canti e ghirlande risaliva ad una giovane Evelina, che seguendo i canoni del tempo, dedicava la sua poesia alla madre morta prematura e si presentava quasi come una vergine vestale, col capo chino e la dolcezza nei modi, candida nel mostrare un talento che era, palesemente, fuori dal comune.
Ma dagli anni Ottanta dell’800 in poi questa grande donna tirò fuori la grinta che le portò critiche negative e scandali. Oltre ad essere una grandissima poetessa collaborò con numerose riviste attraverso versi, rubriche e confidenze; fu una delle poche che ebbe il coraggio di lasciarsi andare alla sua vera natura, amando uomini diversi, cogliendo la poesia in ognuno di loro, perdendosi ogni volta tra le braccia dell’Amore.
E, come nella più classica delle tragedie, fu proprio per questo che morì: uccisa dal compagno che stava per abbandonare, perse la vita così, con un colpo di pistola allo stomaco, una delle personalità più talentuose dell’Ottocento italiano. Oggi a stento se ne parla, in pochi la conoscono ma al suo tempo fu una delle prime donne a farsi da sola, raffinata donna mondana Evelina Cattermole diventò “La” Contessa Lara, che oltre ad una bellezza che conservò fino alla fine, esibiva una cultura brillante, una conversazione piacevole e una vita impegnata.
Ma la storia di ieri è la storia di oggi.
Uccisa dall’uomo che aveva amato. Ucciso da un uomo mediocre, che non sopportava di vivere al riflesso del talento di quella che era la donna più straordinaria del momento, che si era fatta scivolare addosso lo scandalo di un matrimonio fallito e la fama di donna ripudiata, aveva sostituito quell’immagine debole con la folgorante figura di una donna indipendente, autonoma, che viaggiava, scriveva e viveva.
L’ha tradita l’amore.
L’uomo che non era riuscito ad affossarla con i tradimenti, i debiti, gli scandali e i maltrattamenti non trovò altra soluzione che ucciderla.
Come dicevo prima, la storia di ieri è la storia di oggi.
Contessa Lara mi ha rapito il cuore, dalle sue lettere e dalle sue poesie straripa la voglia di vivere e di affermarsi come donna, come amante e come amata. Nelle sue ultime lettere risalenti al 1896 si assiste al degenerare di un sentimento amoroso che tocca l’apice del patetico per ricadere violentemente nel baratro dell’insofferenza verso un uomo che, alla fine, aveva smesso di amare. Ed era pronta a ricominciare di nuovo, da capo, con la stessa forza di vent’anni prima, con la paura di perdere quel corpo che cominciava a cedere sotto il peso degli anni, ma consapevole del fascino che emanava.
Bisogna che vengano ricordate queste donne, queste forze inarrestabili che hanno dato una spinta decisiva alla scrittura femminile, bisogna che le donne di oggi, quelle che credono di non farcela, debbano imprimersi nel cuore personalità come Contessa Lara: è questo il messaggio della poesia di oggi. Che sia la musa, che sia la forza, l’ardore o la vita, essa non abbandona mai le sue figlie, anche se sole, esuli e ripudiate. Il campo può anche essere disseminato di erba alta e di morte e il cielo oscurato da grigie nubi, ma lei, la donna, la peregrina deve continuare a cantare.
In questo caso, nel nostro caso, nei nostri anni, si deve continuare ad urlare.
Si deve sovrastare, sempre e con tutta la forza del cuore, la voce di chi ci vuole atterrare, di chi ci vuole far arrendere, di chi ci abbandona, di chi ci esilia.
Lei ci è riuscita, e parliamo di fine 1800.