Si è appena concluso un periodo particolarmente movimentato per il mondo politico del nostro Paese, e ora è il momento di tirare le somme.
Abbiamo assistito a lunghi discorsi e interessanti presentazioni di programmi, progetti e liste, ci sono state fatte promesse e proposte letteralmente incredibili, inoltre abbiamo ascoltato dibattiti e scontri che hanno affollato per gli ultimi tre mesi piazze, social network e programmi televisivi.
Ingenuamente si potrebbe immaginare che, dopo essere stati sommersi di informazioni e novità politiche per così lungo tempo,molti dovrebbero avere una più o meno vaga idea su chi votare, invece spesso accade esattamente il contrario. È sufficiente fare una passeggiata per bar e ascoltare le varie discussioni della gente per comprendere che vengono espressi sentimenti di ogni tipo dalla rabbia alla delusione, anziché quelli di chiarezza e fiducia.
Entro in un bar e ordino un caffè. Dei signori discutono davanti al giornale e animatamente giudicano e infliggono sentenze, ma parlano sulla scia della grande mole di informazioni ricevute e non rielaborate. Tra i tanti c’è chi ha deciso di non votare affatto, di consegnare scheda nulla o tra i più simpatici c’è chi scriverà il nome di Homer Simpson. Di fronte a questa crisi, sicuramente molti voti rischiano anche di essere venduti, e c’è chi si approfitta della disperazione per portare acqua al proprio mulino, e così alcuni voti potrebbero essere pagati dai 20 ai 50 euro.
Quando capiremo che quella semplice “X” determina il nostro futuro? Quella è la nostra unica “voce in capitolo”, è il solo momento in cui il nostro parere può produrre qualcosa, la maggior parte delle volte quella grande X viene buttata via per simpatia, favori, tifoseria, quasi fosse una squadra di calcio. Ma la politica non è nulla di tutto ciò. Basterebbe fermarsi un attimo per rielaborare le parole e i progetti dei candidati, farlo razionalmente per produrre nuovi pareri, e solo alla fine andare a votare.
Ma soprattutto è necessario che tutti vadano a votare, affinché il nuovo governo sia davvero l’espressione di un popolo. Che si sia studenti o lavoratori, contadini o avvocati, medici o professori, è importante che si esprima un’idea.
Proprio nel “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa è possibile leggere dell’importanza che il voto ha per il cittadino, e quanto proprio il voto renda l’uomo un vero cittadino. In passo Don Fabrizio, protagonista del libro, racconta della notte in cui nasce l’Italia, della notte in cui per mezzo di un plebiscito, terminato a Donnafugata con 512 “si”, si fece scegliere al popolo sull’Unità d’Italia. Don Fabrizio, durante una battuta di caccia, ne parla con Ciccio Tumeo, organista della Chiesa Madre del piccolo centro abitato, e esprime il suo senso di inquietudine sulla nascita di questo nuovo Regno.
“… Eppure questa persistente inquietudine qualcosa doveva significare; egli (Don Fabrizio) sentiva che durante quella troppo asciutta enunciazione di cifre come durante quei troppo enfatici discorsi, qualche cosa, qualcheduno era morto, Dio solo sapeva in quale andito del paese, in quale piega della coscienza popolare.”
La risposta di Ciccio Tumeo è quanto mai diretta e sincera, ma soprattutto applicabile a qualsiasi epoca, il pover uomo infatti risponde al principe affermando:
“ Io , Eccellenza, avevo votato “no”. “No” cento volte “no”. Ricordavo quello che mi avevate detto: la necessità, l’inutilità, l’unità, l’opportunità. Avrete ragione voi, ma io di politica non me ne sento. Lascio queste cose agli altri. Ma Ciccio Tumeo è un galantuomo, povero e miserabile, coi calzoni sfondati e il beneficio ricevuto non lo aveva dimenticato; e quei porci del Municipio s’inghiottono la mia opinione, la masticano e poi la cacano via trasformata come vogliono loro. Io ho detto nero e loro mi fanno dire bianco! Per una volta che potevo dire quello che pensavo quel succhiasangue di Sedàra mi annulla, fa come se non fossi mai esistito, come se fossi niente mischiato con nessuno…”
“ … A questo punto la calma discese su don Fabrizio che finalmente aveva sciolto l’enigma; adesso sapeva chi era stato strangolato a Donnafugata, in cento altri luoghi, nel corso di quella nottata di vento lercio: una neonata, la buonafede …”
È un uomo del popolo chiamato a votare che parla, e oggi molta gente afferma l’esatto opposto. Per una volta che possiamo dire quello che pensiamo, agiamo, votiamo. Dopotutto è semplice, sarà sufficiente recarsi al proprio seggio tra domenica 24 febbraio, dalle 8 alle 22, e lunedì 25 febbraio, dalle 7 alle 15. Fondamentale sarà portare con sé un documento di riconoscimento e la tessera elettorale, vi saranno così consegnate due schede, una rosa per l’elezione della Camera, e una gialla per l’elezione del Senato, per il quale potranno votare gli elettori con un minimo di 25 anni di età. Il voto va espresso tracciando con la matita un solo segno, che può essere una croce o una barra, sul riquadro che contiene il simbolo della lista prescelta, sarà perciò vietato scrivere sulla scheda qualsiasi altro simbolo o il nominativo di un candidato, in tal caso il voto sarebbe nullo, e io sinceramente avrei scritto questo articolo inutilmente.
Per quanto riguarda invece le Regionali di Lombardia, Lazio e Molise le modalità di voto si fanno più articolate e dunque per maggiori informazioni potete cliccare qui.
Insomma facciamo qualcosa e andiamo a votare, non svendiamoci e facciamolo onestamente con la chiarezza e la razionalità necessari quando si affronta una scelta importante. Per la prima volta lo slogan potrebbe finalmente essere soltanto “Vota e fai Votare!”.