Non si è mai abbastanza pronti quando finisce una storia d’amore. Un senso di estraneità ti avvolge, la nozione del tempo si azzera e le ore si dilatano come per ricordarti che l’amarezza sarà lunga.
E diventa complicato trovare la posizione giusta per riuscire a passare la notte.
Da quando Mattia era andato via, non facevo altro che rigirarmi sul divano, tormentata da uno sciame di pensieri imprendibili. Il cuscino piuttosto scomodo non mi aiutava e tanto meno il plaid, accorciatosi dopo un lavaggio evidentemente inopportuno. Stavo tentando di agganciare con i due talloni un libro ritrovatosi sotto i miei piedi, per trovare un po’ di quiete nella lettura, quando dalla televisione un mezzo busto biondo mi ha invitato, per l’ennesima volta, a pagare il canone. Ho maledetto quella gallina bionda e il telecomando che non trovavo, perché quando ha pronunciato la parola canone mi è venuto in mente il film Canone Inverso che io e Mattia avevamo visto di recente. E poi hanno iniziato a scorrermi davanti agli occhi altre immagini, spazi di noi due, memorie di momenti vissuti insieme in un susseguirsi perfetto. E’ curioso come ogni momento del passato diventi infallibile, pulito, spurio da ogni difetto, quando hai la certezza di non poterlo rivivere.
Nel flusso ininterrotto d’immagini e ricordi mi è risuonata in testa anche una specie di canzoncina, la cantavo da bambina: ”Se un bel morso tu darai l’animella, sazierai”. L’aveva inventata mia nonna, pur di farmi mangiare gli spinaci. Avrò dato non so quanti morsi mentre la ripetevo, stonata. Non capivo cosa fosse l’anima, né l’animella, ma avevo la netta sensazione che fosse qualcosa d’importante, cosi importante da farmi mangiare perfino gli spinaci. Prima di ascoltare quella canzoncina il solo odore degli spinaci mi disgustava, ma grazie a “Se un bel morso tu darai l’animella sazierai” cambiò tutto. Gli spinaci iniziarono a piacermi davvero e il Signor Spinaci, secondo la mia fantasia il loro inventore, diventò nella mia classe immaginaria uno tra i più bravi. Uno di quelli in gamba, pur senza un filo di spocchia; uno di quelli che a scuola non nasconde il compito sotto i gomiti, ma te lo passava volentieri.
Di conseguenza, nonostante ne ignorassi il vero significato, a sette anni, iniziò a farmi simpatia anche l’animella, l’anima formato bambino come diceva mia nonna. Secondo me, era un fantasmino buono che abitava dentro il mio stomaco, non molto distante dal mio cuore e che andava ben nutrito
Nonostante fossero le due passate, al pensiero degli spinaci mi è venuta fame. Più che una mia esigenza era un’esigenza della mia pancia che iniziava ad emettere strani suoni. E per la verità non avevo neanche gran voglia di spinaci, ma ero certa che fosse l’unica cosa che avevo in frigo. Sono cresciuta e di molto, ma ho la buona abitudine di tenere sempre con me pezzi dell’infanzia!
Con la canzoncina che sembrava riecheggiare tra le pareti di casa mi sono alzata dal divano, finalmente. Indolenzita dall’inerzia di giorni, sono arrivata in cucina a fatica. Non so come sono riuscita a trovare una padella, anche se avevo la sensazione di aver dimenticato tutto ciò che fino a quel momento aveva fatto parte della mia vita.
Quando ho aperto il frigo e ho visto gli spinaci ho trattenuto a stento le lacrime, pensando a quale fine avesse la mia anima. Era da qualche tempo che non la sentivo più. Non ho escluso che fosse andata via con Mattia, magari per sempre. Nel dubbio, ho preferito preoccuparmi prima di tutto del mio stomaco. Allora ho messo in padella un cucchiaio d’olio, ho aggiunto gli spinaci, un po’ di parmigiano e del pepe. E per finire ho aperto il vino bianco; non è un pezzo della mia infanzia, ma della mia presunta maturità eppure è sempre presente in casa per ricordarmi, con sana leggerezza, che oramai sono cresciuta!
Morso dopo morso ho iniziato a sentire, di nuovo, dentro di me qualcosa di molto vicino all’anima. Evidentemente si era ben nascosta in un posto intangibile tra lo stomaco e il cuore.
Ed era rimasta lì, in silenzio, a tenermi compagnia.
Insomma, l’anima o animella, per fortuna, era sana e salva. E se si era salvata l’anima, non era esclusa la possibilità che si potesse salvare qualcosa, nonostante tutto, anche con Mattia!
Mentre continuavo ad assaporare gli spinaci, ho ripreso, stonata come al solito, a intonare la canzoncina.
Mi ha interrotto lo squillo del telefono. Era Mattia.