Per Giambattista Vico l’intera dimensione dell’individuo trovava soluzione nell’impegno intellettuale, ma l’originalità del suo pensiero sembrava un elemento estraneo, avulso in un mondo superficiale, distratto e vuoto di principi morali. La realtà italiana aveva bisogno di vedere l’umanità da una prospettiva diversa, l’evoluzione dell’uomo nella Storia e nella sua totalità. Avvertendo la propria estraneità dalla cultura napoletana del tempo, non soggetto alle convenzioni sociali ed indipendente da ogni sollecitazione, da ogni tentativo di frenata o di censura dal mondo esterno, Vico iniziò a scrivere, con ansia incessante e doloroso lavoro di revisione, a quello che lui stesso considerava il libro della sua vita, e che oggi viene ricordato giustamente come il suo capolavoro: la Scienza nuova, di cui l’edizione definitiva è del 1744.
Scienza nuova si articola in 5 libri, preceduti da un’introduzione che cerca di riassumere l’idea dell’opera. Il primo libro, Dello stabilimento de’ principi, è suddiviso in 4 capitoli: il primo riassume la storia umana dalle origini fino alla seconda guerra cartaginese; il secondo, Degli elementi, è una raccolta di 114 massime che svolgono un ruolo da postulati di partenza; poi seguono De’ principii e Del metodo.
Nel secondo libro, Della sapienza poetica, il più ampio dell’opera, Vico tenta di spiegare il sapere originario dell’umanità, che vede nella poesia e nel mito un linguaggio embrionale e figurativo, senza la razionalità che contraddistingue quello delle civiltà più evolute, fatto di immagini, emblemi e geroglifici, ma che risulta importante perché rappresenta il primo tentativo di comunicazione e di solidarietà umana.
Nel terzo libro, Della discoperta del vero Omero, vi si afferma non il carattere storico del poeta ma l’immagine paradigmatica di un’epoca intera e sintesi di una cultura irripetibile, cioè quella dell’antichità classica.
Nel quarto libro, Del corso che fanno le nazioni, Vico fissa lo sviluppo dell’intera storia in 3 fasi, che si susseguono in 3 nature: la natura poetica o divina, un’epoca ancestrale fatta di forze minacciose e ataviche; la natura eroica, in cui gli eroi destinati al mito lottano per instaurare l’ordine; la natura umana, nella quale si conquista il sapere razionale e l’organizzazione delle civiltà.
Nell’ultima parte dell’opera, Del ricorso delle cose umane, si ipotizza un ciclo destinato a ripetersi, ove l’equilibrio dell’umanità, giunto al massimo livello di civiltà e razionalità, può essere compromesso e cadere in una nuova epoca di barbarie, come ad esempio il crollo delle civiltà antiche, l’avanzata dei popoli stranieri e lo sviluppo del Medioevo, che costituiscono l’esempio di questo ciclo della storia che è destinato a ripetersi in modo simile, ma in forme sempre nuove.
Vico, con l’opera più ambiziosa della sua vita, ha individuato nuove leggi universali che regolano la storia in un’ottica antropologica, partendo dalle 3 usanze originarie su cui si forma ogni società: il vincolo matrimoniale, la credenza in una religione e il culto dei morti. Ma l’opera aspira a un qualcosa di ben più radicale, originale e del tutto rivoluzionario per l’epoca. Nell’ottica vichiana, “critica” significa soprattutto “svelare” e “comprendere”, e gli unici strumenti metodologici sono la filosofia e la filologia, entrambe delle scienze: la prima che aspira al vero, la seconda, invece, che segue il certo. Quest’ultima assume, nell’impianto teorico del Vico, un’importanza decisiva, perché è attraverso essa che si individuano le forme di autorità, cioè i rapporti di dominio che si creano tra gli uomini.
Rientrano nelle forme di dominio tutte quelle dinamiche che concorrono a regolare i rapporti tra gli uomini come il diritto, la cultura, la religione, l’istruzione, la famiglia, ma anche il linguaggio, il mito e l’arte. Alcuni uomini più forti assumono con la violenza il controllo sugli altri, confinando quest’ultimi in uno spazio di subalterità. La preoccupazione principale del Vico è quella di interpretare definitivamente queste forme di dominio esercitate sugli uomini e di trovare forme alternative a questo Potere che ha messo radici profonde col passare dei secoli, partendo dalle contraddizioni che affliggono da sempre la natura umana.
Alla sua uscita l’opera sembrava già proiettarsi nel futuro, un futuro che l’avrebbe salutata come profetica da tutto il mondo e che tutt’ora viene considerata unico modello teorico davvero rilevante di tutta la cultura italiana del ‘700.