Ho incominciato a leggere e a scrivere all’età di quattro anni. Allora mia mamma sognava di fare la maestra, ed io di leggere tutti i libri del mondo. Così abbiamo unito i nostri desideri per un obiettivo comune. Ricordo che per farmi stare buono la domenica a messa, mi dava un libro da leggere, ed io in quell’ora di preghiera stavo seduto sulla panca a sfogliare le pagine, di un fumetto oppure di un libro illustrato.
Penso che ogni amore nasca da un incontro: il mio amore per i libri è cominciato a sette anni con “La fata Carabina” di Daniel Pennac. Copertina arancione e un po’ ruvida, pagine ingiallite.
Apparteneva alla maestra di italiano. Almeno una volta alla settimana sistemava a fondo aula le nostre sedioline in cerchio, si sedeva su una di esse e ci invitava a fare la stessa cosa, a seguire le sue parole mentre ci leggeva un racconto. Ricordo che prima di farlo analizzava dettagliatamente la copertina. Impugnava il libro, lo accarezzava e poi cominciava: “Lo sfondo è di colore… La maglia che indossa il protagonista è…”
Cavolate, forse. Ma grazie a questi piccoli dettagli ho imparato ad apprezzare un libro anche per la copertina, per l’illustrazione, per i colori. Quando compro un libro o devo cominciarne uno mi soffermo a lungo sulla copertina. Penso alle mani della maestra Valentina che accarezzavano le pagine di un libro. Aveva delle mani così belle, un tocco così delicato…
Durante gli anni delle scuole elementari abbiamo letto tanti libri insieme. Ho scoperto Daniel Pennac, Roald Dahl, e tutti i libri della Serie Bianca de “Il battello a vapore”.
Se già all’età di quattro anni amavo i libri, grazie alla maestra Valentina e alle sue ore di lettura riuscii a rendere questa passione più consapevole. Quella donna mi ha insegnato ad amare la fantasia e l’odore dell’inchiostro, penso non basterà una vita per ringraziarla.
Quando con i miei genitori andavo a fare la spesa al supermercato ero felice, perché sapevo che sarei uscito di lì con un bel libro nuovo. E’ una piccola abitudine che ho tuttora. Per me “fare la spesa” significa aggiungere al carrello, insieme ai biscotti e ai sughi Star, anche un libro. Lo lascio sul comodino e lo incomincio prima di andare a dormire.
Un giorno entrai con mio papà nella biblioteca del paese. Libri ovunque: sulle mensole, sugli scaffali, sui tavoli, persino a terra. A differenza dei miei amici che riuscivano a leggere senza problemi i libri presi in prestito, io non ero in grado nemmeno di aprirli. Il mio corpo si rifiutava di farlo. Quei libri erano tanti e non sarebbero mai diventati miei. Ecco che così, lentamente, come una storia che si sviluppa sulla carta, l’amore per i libri si accostò al desiderio di possesso. Crebbi con questo amore per i libri forse malsano, comunque bruciante. Un libro doveva essere prima di tutto mio.
Non ho mai usato la tessera della biblioteca, non ricordo nemmeno se ce l’ho ancora da qualche parte, senza nemmeno un timbro.
Incominciai le scuole medie leggendo “Harry Potter”. Non l’ho mai finito, ogni volta mi prometto di farlo ma poi non lo faccio mai. Provai ad accostarmi a Tolkien, ma nemmeno cento pagine e finii con l’annoiarmi. La stessa cosa per “Le cronache di Narnia”.
Cominciai a pensare che forse non ero tagliato per i fantasy.
Cercai l’intrattenimento in altri generi, in altri libri.
Provai con l’horror. Niente.
Le biografie. Noiose.
I gialli. Macché.
I thriller. Carini, li finivo anche, ma qualcosa non mi convinceva.
I romanzi rosa. Nulla da fare.
Così nei tre anni di scuola media vissi una sorta di crisi di identità: sapevo, sentivo di amare i libri, ma di fatto non riuscivo a finirne nemmeno uno. Questo non riuscivo a capirlo, questo non riuscivo ad accettarlo.
Quindi mi dedicai ai film, che in compenso riuscirono ad appassionarmi. Per la prima volta “fare la spesa” significava acquistare videocassette o dvd.
Un libro che riuscì a risollevarmi da questo blackout letterario fu “Così speciali” di Bella Bathurst, tuttora uno dei miei libri preferiti.
Fu come una seconda rinascita, un nuovo accostarmi alla lettura. Mi piace pensare che quel libro mi cambiò la vita, o che per certi versi me la salvò. Da “Così speciali” sono nate le letture migliori, perché da quel libro in poi ho incominciato a leggere con avidità e costanza. Non c’è libro che non abbia finito in più di tre giorni, salvo quelle eccezioni che confermano la regola.
Da “Così speciali” sono nate le nottate passate a leggere sotto le coperte alla luce dell’abat-jour, le recensioni pubblicate su internet. E da quel libro si è accesa dentro me la voglia di provare a raccontarle io, le storie. Di non stare più fermo a leggere e a comprare libri. O almeno non solo.
Così sono diventato uno scrittore. Uno scrittore sconosciuto che si autopubblica. Ho costruito un piccolissimo gruppo di persone che oltre a leggere i libri degli scrittori famosi legge anche qualche mio racconto. Ancora adesso, a ventun anni, non so dire con esattezza se mi piaccia più scrivere o leggere. So per certo, però, che leggere mi riesce meglio. E’ come respirare, un’attività quotidiana, quasi meccanica che però riesce a stupirmi sempre, trascinandomi in mondi reali o immaginari. Viaggiare in tempi e posti diversi senza muoversi dal divano è una cosa stupefacente, forse meglio di qualunque diavoleria tecnologica. Insomma, quando leggo avverto la forza della parola. E’ un qualcosa di potentissimo, imbattibile.
Nicholas Sparks, Melissa P., Danielle Steel, Alessandro Baricco, Banana Yoshimoto… Sono loro gli scrittori che hanno accompagnato le mie prime vicende amorose. E sono tuttora i miei autori preferiti.
Dall’età di 15 anni i libri sono stati spesso associati al sesso e all’amore. Né consolavano le mie pene né attutivano i dolori al cuore: semplicemente erano oggetti che impugnavo quando soffrivo o piano piano sperimentavo l’amore. Accompagnavano le mie vicende di crescita. Lo fanno tuttora.
Non c’è un loro libro (ok, nel caso di Danielle Steel forse no, visto che ne ha scritti tantissimi) che non sia associato ad un luogo, ad una persona, ad un’esperienza che mi ha segnato nel profondo.
“L’odore del tuo respiro” di Melissa P. è stato il compagno di viaggio nel tragitto in treno Torino-Magenta. Lo leggevo sempre quando raggiungevo il mio amore passato. Da quando la nostra bellissima, tragica storia d’amore è finita non sono più riuscito a leggerlo o ad aprirlo.
“Novecento” di Alessandro Baricco è il libro che ho cominciato e terminato il 23 gennaio del 2011, un giorno davvero triste, in cui ho ricevuto una forte batosta a livello emotivo. Sono una sessantina di pagine, ma non sapete a volte quanto pesa. Lo impugno e sento chili di illusioni, speranze, silenzi, l’ostinazione mia di rendere una sera di solo sesso una storia d’amore… Fa quasi male, mi sembra di sentire un dolore fisico, un pugno tirato dritto allo stomaco.
Banana Yoshimoto è ormai l’autrice che appartiene ad un ragazzo a cui non ho saputo dire “in realtà non ti amo”, illudendolo e forzando me stesso di amarlo. Leggevo la Yoshimoto e pensavo: devo amarlo, non posso non farlo, non posso non amare uno così. Lui non si perdeva un suo libro, e una volta siamo stati per ore al telefono a parlare di questo o quel libro, di quanto ci fosse piaciuto o invece quanto ci avesse deluso.
Potrei andare avanti per molto, risvegliando ricordi e aprendo ferite passate.
Dopo di loro sono arrivati James Joyce, Hermann Hesse, Gabriel García Márquez e altri “grandi letterati”. Mi sono accostato a Margaret Mazzantini, ho letto e non sopportato Stephanie Meyer… Ci sono tanti nomi di scrittori che popolano la mia mente. Sono così tanti, molti addirittura sconosciuti, che quasi mi diverto ad immaginarli vorticare nella mia mente.
L’amore per Londra mi ha trasmesso come in automatico l’amore per la Woolf e per Dickens. Ho ancora “Il circolo Pickwick” da cominciare, è lì poggiato sul comodino. Di Virginia Woolf in un giorno solo ho comprato cinque libri, famosi e non. E ho i suoi diari. E vorrei leggere la sua biografia curata da Nadia Fusini.
Da un po’ di giorni mi sta accadendo una cosa strana: appena ho un po’ di soldi compro libri. Li compro ma non li comincio, perché riprendo libri vecchi, che ho letto anni fa. Ricomincio a leggerli, mentre la lista di quelli nuovi continua ad allungarsi. Compro nuova roba, la impilo sul pavimento o sulle mensole e di tanto in tanto la sfoglio. Collezionismo? Forse. Penso che sarebbe bello cominciare questo libro in un bar, quell’altro al Caffè Lumiere (una caffetteria del centro di Torino che adoro), quest’altro ancora invece su un treno, magari in direzione Genova… E’ un continuo fantasticare, immaginare la giusta locazione per cominciare una certa storia, cercare il posto adatto per far vivere nuovi personaggi.
Li ho contati. I libri che ho comprato in quasi un mese e che devo ancora cominciare sono 26. Voglio metterli in ordine di interesse, scegliere quale cominciare per primo e quale per ultimo, dove iniziare a leggerli e se finirli tutti di getto oppure assaporarli piano piano. Addirittura se accompagnare ad essi una bevanda o un cibo specifico (per esempio per i libri di scrittori francesi pensavo un caffè ed una crepes alla Nutella) oppure fare come mi capita.
Voi non ci credete, ma io passo ore intere a pensare a queste cose. Quando finisco un libro e devo cominciarne un altro impiego minuti a scegliere quello nuovo. Sfoglio quelli che ancora non ho aperto, rileggo le trame, cerco di capire se c’è qualcosa che si avvicini al mio stato d’animo del giorno e poi mi butto… Lascio che le mie mani mi guidino… E tante volte è il libro che chiama me, altre sono io che chiamo lui.
Libri libri libri… Che parola deliziosa, piena di promesse e profumata di polvere e inchiostro. Ogni volta che qualcuno mi chiede qualcosa a proposito del mio futuro tentenno sempre, ma i libri sono l’unica certezza che ho. Se vivrò in una casa tutta mia avrò una stanza di soli libri. Se dovessi scegliere un mestiere allora farei il libraio. Se dovessi fare un regalo a qualcuno che cosa regalerei: un libro. E che cosa vorrei ricevere come regalo? Sempre un libro. Essi sono il mio futuro.
Non ci posso fare niente, ragazzi. Io amo i libri. Sono davvero tutta la mia vita. Non so quanti ancora ne leggerò, se riuscirò mai a leggere davvero tutti i libri del mondo come sognavo da piccolo… So solo che 26 mi sembra comunque un bel numero.