“Ci sono secoli inquieti, secoli sicuri, secoli disastrosi, secoli trionfali, secoli bui, secoli luminosi; secoli felici non ce n’è”. Questo il mesto giudizio di Riccardo Bacchelli sulla storia, per la quale nutriva un amore quasi viscerale. L’ha rincorsa, citata, analizzata lungo tutti i 94 anni della sua vita e proprio di storia, familiare, civica, politica e sociale, sono permeati i suoi numerosi lavori che comprendono romanzi, novelle, opere teatrali, saggi, articoli e poesie.
Nato il 19 Aprile del 1891 a Bologna, città che amò senza remore ed a cui fu sempre riconoscente, Bacchelli si formò in un ambiente familiare intellettualmente impegnato: la madre, insegnante di tedesco del Carducci, ed il padre, noto Avvocato, indirizzarono la sua formazione verso gli studi giuridici che abbandonò in favore delle lettere. Così a soli 20 anni sperimentò il suo talento con la pubblicazione a puntate, autofinanziata, del romanzo “Il filo meraviglioso di Lodovico Clò” che oltre ad un discreto successo editoriale, innescò critiche negative perché ritenuto moralmente poco adatto ai giovani a cui inizialmente sembrava indirizzato. Nel romanzo vengono infatti esaltati gli aspetti sensuali dell’amore sebbene nelle intenzioni dell’autore non vi fosse stato l’obiettivo di renderlo un caso di costume.L’intento di Bacchelli, attraverso questa ma gran parte delle sue opere, era infatti quello di indagare i sentimenti umani sin nei loro risvolti fisici così come già la letteratura greca e latina avevano fatto.
A questo romanzo seguì nel 1914 la pubblicazione dei “Poemi lirici”, nel 1918 una personale versione dell’”Amleto” ed il poemetto filosofico “lo sa il Tonno” nel 1923. L’interesse per l’arte e l’osservazione delle umane passioni caratterizzò quasi tutta la sua produzione sino a metà anni “20 di una impronta lirico-filosofica. Con il trasferimento a Roma e le prime collaborazioni come pubblicista sia alla Voce che alla Ronda, di cui fu tra “i sette savi” fondatori, lo scrittore bolognese scelse un diverso approccio stilistico e nei contenuti. Avvertì con spirito lucido la responsabilità civica e morale di raccontare ed analizzare la società dei suoi tempi ma non si dimentichi che egli fu scrittore dalla versatilità impressionante e nondimeno trascurò gli aspetti creativi legati all’uso della lingua finanche all’utilizzo del dialetto parlato dai personaggi di alcuni dei suoi più celebri romanzi.
Ricercatezza, quasi ossessione per una perfezione stilistica e lingustica che rende Bacchelli un degno eponimo di Alessandro Manzoni. Il paragone al grande scrittore dell’Ottocento è stato spesso avanzato dalla stessa critica a lui contemporanea come i suoi colleghi de La Ronda e l’amico scrittore Vincenzo Cardarelli; in molti casi il paragone è stato estremizzato in senso paradossale dallo stesso Bacchelli. La prima opera che palesemente ricalca il tema del romanzo storico è “Il Diavolo al Pontelungo” del 1927 in cui vengono ricostruiti in chiave fantastica gli ultimi anni di Michail Bakunin, agitatore anarchico ottocentesco che nel romanzo vive situazioni al limite del rocambolesco ambientate tra l’Est Europa e l’Italia settentrionale con un finale dai tratti boccacceschi. Seguirono in pochi anni altri romanzi e poemetti ispirati a grandi personaggi o eventi storici : La città degli Angeli (1929); Il Mal d’Africa (1934) ispirato alla vita dell’espolarore Gaetano Casati, Il Pianto del Figlio di Lais (1945), di ispirazione biblica; Il Figlio di Stalin(1953) ricostruzione fantasiosa della prigionia e della morte del giovane Jacob; Non Ti Chiamerò Più Padre ( 1959) sulla vita di S. Francesco D’Assisi.
L’opera di maggior successo che ha iscritto Bacchelli nella storia dei più grandi letterati del “900 è la trilogia intitolata “Il Mulino del Po” pubblicata fra il 1938 ed il 1940. Ambientato nel Ferrarese, questo imponente romanzo narra l’epopea familiare degli Scacerni a cui fa da cornice la storia di un arco di secolo: dall’avvento della rivoluzione industriale alla Prima Guerra Mondiale. Il Mulino sulla sponda del Po è l’Alfa e l’Omega della esistenza di questa famiglia ma è metafora di un intero paese che vive a metà strada fra tradizione e modernità, afflitto da passioni e tragedie umane che contornano il fiume lento della storia.
Con “il Mulino del Po” suddiviso ,come si diceva, in tre volumi (“Dio ti salvi”, “La miseria viene in barca”, “Mondo vecchio sempre nuovo”) Bacchelli ebbe l’intento di mostrare come certe ideologie che si sono fatte strada nella storia avessero deturpato ed in qualche modo segnato per sempre la società italiana ed europea. Il romanzo rielabora nel personale stile dell’autore il tema epico che già in Manzoni, Tolstoj, Nievo era stato ampiamente trattato. Quasi un manifesto della storia dell’Emilia Romagna,il successo fu tale che negli anni “60 fu trasposto alla Rai sotto forma di fiction a puntate che andarono in onda tra il 1963 e 1971 la cui sceneggiatura fu curata dallo stesso Bacchelli.
Negli anni successivi il nostro scrisse numerosi saggi e continuò ad occuparsi di storia e letteratura non affatto schivo della politica e della modernità che avanzava in ogni campo ma il fiume della sua vita lo portò a vivere la vecchiaia nell’amarezza e solitudine pur continuando le sue collaborazioni con Giornali e riviste letterarie. Come a tanti celebri personaggi del mondo della cultura è accaduto, Bacchelli visse gli ultimi anni di vita nell’indigenza tanto che molti esponenti della cultura e del mondo politico degli anni “80 promossero una campagna a favore dell’anziano e pluripremiato scrittore per sostenerne le spese mediche. Così con il provvedimento divenuto legge n. 440/1985 fu istituito un fondo a favore dei cittadini illustri che versino in stato di difficoltà. Questa legge si chiamerà “Legge Bacchelli”. Furono gli allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi ed il Presidente della Repubblica Sandro Pertini a comunicare nel mese di Agosto al Bacchelli l’importante emendamento ma lo scrittore, quasi cieco e malato non ebbe modo di usufruirne. Morì infatti l’8 Ottobre del 1985. Vorrei ricordare una poesia scritta dal Medico che ebbe in cura lo scrittore negli ultimi giorni della sua vita poiché la ritengo un sintetico ma esemplare ricordo di questo grandissimo narratore:
Quel mattino d’Ottobre mi hai sorpreso, vecchio scrittore cieco, abbandonato da quanti ti esaltavano in passato quand’eri sano, forte, ancor famoso. In quella bianca stanza d’ospedale ti congedavi piano dalla vita, e con un fil di voce domandavi se c’era il sole o era nuvoloso. Risposi che pioveva, ed un sorriso fugacemente apparso sul tuo viso, bisbigliava morendo l’ultima poesia: “saran felici i contadini, finalmente”.
Fortunatamente quel fiume della storia che talvolta devia la sua direzione, in tempi recenti ha ridoppiato i temi cari al Bacchelli. Ne è esempio lo scrittore Antonio Pennacchi che a lui si è ispirato nella stesura di alcuni dei suoi romanzi ed il fondo Bibliotecario Riccardo Bacchelli presso la biblioteca bolognese dell’Archiginnasio che ha recuperato nelle sue rare edizioni molte delle opere pubblicate tra il 1911 sino ai giorni nostri.