La camelia è già appassita.
Forse anche lei ha fretta che questo giorno si sfogli.
Che Alfredo ascenda ancora l’egre soglie, s’inerpichi su per le scale per me, non più malata di tisi ma d’amore.
Follie, follie, vano delirio è questo.
Perché accordare un convegno ad un giovane che poche ore dopo se ne vanterà con gli amici? La Valéry, sempre libera di sfogliare amanti come petali, farsi gualcire da un Germont comesichiama qualunque?
Mai la popolosa Parigi l’era parsa così deserta di vita prima di suggerla da queste labbra, da queste braccia di ragazzo, da questi abbracci che le strappano i primi bramiti d’amore.
E poi è dormire con lui, pacificata dopo l’infinita infilata di sfrenatezze, un godere che nel sonno cercava solo il ritemprarsi per nuovi tripudi, e non l’abbandono di bambina su un petto di innamorato.
La camelia che Alfredo le ha riportato, tremante e intrepido insieme, si abbandona.
Petalo dopo petalo, lentamente.