Circa trent’anni di instancabile attività e 105 commedie composte, con un’estensione media di circa 1000 versi ciascuna: questi i numeri di Menandro, il grande commediografo greco nato nel 342 a. C.
Una prolificità eccezionale, che ha consentito al poeta di Atene un posto di rilievo nella storia del teatro antico.
All’interno della sua prima produzione si colloca il Dyskolos: stiamo parlando dell’unica commedia di Menandro giuntaci pressochè integra (in realtà non è esattamente così, ma parliamo di dettagli: sono leggibili ben 969 versi su un totale di poco superiore a mille, una percentuale di tutto rispetto per gli standard delle opere di quel periodo). La prima va in scena nelle festività delle Lenee del 317 a. C. e vale il primo premio per il giovane commediografo. Alla fine degli anni ’50 avviene la pubblicazione dell’ultimo e più fortunato ritrovamento papiraceo di Menandro, che contiene appunto l’opera in questione. Opera il cui titolo è reso in italiano in differenti modi: ad oggi il più gettonato è Il misantropo.
Protagonista che dà il titolo alla commedia è un contadino di nome Cnemone, che incarna la figura del vecchio burbero e scorbutico. In realtà a presentare la vicenda e a muovere le trame dello sviluppo scenico è il dio Pan, il quale fa sì che un giovane di città, Sostrato, si innamori della figlia di Cnemone, un’umile ragazza di campagna che il dio vuole in qualche modo premiare per la devozione nei suoi confronti. La commedia prende avvio da questo antefatto, e si sviluppa in lunghe situazioni – non solo comiche – che vedono al centro della scena principalmente questi personaggi. Cnemone vive in casa insieme alla figlia e ad una vecchia serva, mentre la moglie – stanca del suo carattere e del suo modus vivendi – abita non lontano insieme al figlio di primo letto, Gorgia. Il giovane Sostrato si mostra deciso a chiedere in sposa la ragazza, concedendo anche la disponibilità a lavorare con il vecchio Cnemone per conoscerlo meglio. Una serie di sventure, però, complica la strada allo spasimante; e nel frattempo, ad occupare la scena è un banchetto per un sacrificio in onore di Pan, che si svolge non lontano dall’abitazione del misantropo: Cnemone decide di restare lontano dalla folla, mentre Sostrato si unisce ai commensali.
Poi un incidente prepara lo scioglimento finale: nel tentativo di recuperare un secchio caduto in un pozzo, la serva di Cnemone lascia cadere anche una zappa, scatenando le ire del padrone, il quale – nel tentativo di recuperare entrambi gli oggetti – finisce egli stesso nel pozzo: sarà solo il provvidenziale intervento di Gorgia e Sostrato a salvare il protagonista. Cnemone, dopo lo scampato pericolo, si rende conto dell’assurdità del proprio stile di vita e dell’atteggiamento che fin qui aveva condotto: chiede dunque a Gorgia, che intanto riconosce come figlio, di trovare uno sposo alla figlia, e questi naturalmente non può che essere Sostrato. Ma altre nozze sono in vista, e vedono come protagonisti la sorella di Sostrato e Gorgia stesso. Cnemone viene invitato alle duplici nozze, ma il vecchio è incredibilmente tornato quello di prima: misantropo e odioso, non ne vuol sapere di banchetti, fin quando un servo ed un cuoco non lo trascinano di forza al pranzo.
Aperta dal prologo del dio Pan, nel cui segno e sotto la cui supervisione si svolge tutta la vicenda, la commedia alterna momenti comici ad altri più seri. Molti critici hanno evidenziato come sia anche quest’aspetto a mettere in luce una certa “immaturità” del giovane commediografo, che tuttavia già mostra al grande pubblico (che, non dimentichiamo, lo premia) i suoi caratteri principali, quelli che in seguito avrebbero fatto parlare di una nuova stagione della commedia greca, la “Commedia Nuova”: la dimensione collettiva e non più individuale, la rappresentazione di una società più “borghese” nei suoi tratti essenziali e di caratteri umani animati da un soffio vitale che li rende veri ed autonomi.