Lucia osserva Paola, Marco e Daniela che ritornano dal bar della stazione: è la loro prima vacanza tutti e quattro assieme.
Lucia guarda Paola che parla, parla, parla… anche Daniela non la smette di parlare e Lucia si chiede come facciano a capirsi, parlandosi addosso a quel modo. Marco invece si accorge di lei, che li guarda dalla panchina, e comincia a fissarla da lontano, sorridendo, e con lo sguardo fermo di chi ancora non conosce una faccia a memoria.
Paola ci aveva provato a prepararli, ma una notte l’ex marito aveva deciso di bruciare le tappe: aveva svegliato i suoi figli alle tre di notte, dopo aver frugato nella borsa di Paola, per leggergli una delle lettere di Lucia, perché sapessero che la loro mamma se la faceva con le donne, altro che ‘amica’.
Marco, proteggendosi con la maschera di Quellopiùpiccolo, si era messo a frignare per l’ennesima lite e per quella sveglia improvvisa. Daniela, forte dei suoi quattordici anni scarsi, era rimasta sveglia fino all’alba, seduta al tavolo della cucina con sua madre, e la perdonava, sì che la perdonava, e la capiva, sì che la capiva, purché la smettesse di piangere e facesse attenzione con la sigaretta, che quello che aveva davanti era il suo walkman e non un posacenere; e anche se papà aveva detto che quelle come lei non servono a niente, che non ha senso che esistano, lei e suo fratello di una mamma ne avrebbero avuto bisogno sempre.
“Ma c’era bisogno di fare tutta ‘sta propaganda?”, aveva detto il padre di Lucia, “Tutta ‘sta batteria? – Una volta ci si faceva i fatti propri senza troppa pubblicità, di nascosto, zitti zitti, in silenzio, e nessuno si faceva male”
“O pa’, meglio un cerotto sul cuore che sugli occhi”
Qualche giorno dopo Paola aveva portato a Lucia un disegno di Marco, fatto apposta per lei.
Prima però c’era stata la telefonata:
“Ciao”
“Ciao”
“Sono Marco”
“Lo so”
“Come stai?”
“Bene. Che state facendo?”
“Andiamo dagli zii a Verona”
“Bene”
“Mia mamma mi ha parlato tanto di te”
Paola aveva poi detto a Lucia che Marco era rimasto affascinato dalla sua parlata terrona:
“Mamma, ha detto bbène”.
Era un brutto disegno quello di Marco, sembrava fatto da un bambino più piccolo, ma ogni pennellata urlava il desiderio di far bene. Aveva colorato un foglio intero di tempera azzurra e blu, e sopra ci aveva spalmato un sole, con gli occhi e la bocca sorridente, che ricopriva quasi tutto il cielo. Il giallo era stato passato più volte, perché con tutto quell’azzurro sotto il sole non diventasse verde, e la carta era diventata rigida e ondulata.
Daniela, invece, le aveva fatto avere una cassetta con delle canzoni cantate da lei. Desiderava una sua opinione, le aveva detto Paola. D’estate al Villaggio vinceva sempre tutte le gare canore, e gli altri bambini si erano stufati di partecipare. Presto si sarebbero stancati anche gli adulti, contro di loro era ancora più facile vincere.
Ieri Lucia li ha visti per la prima volta. Le presentazioni ufficiali. Il primo dei week-end alternati. Avevano parcheggiato lontano da casa, perché lui dal balcone non facesse ancora più casino del solito, vedendo che c’era lei. Paola avanzava sotto il portico della sua ormai-ex palazzina, verso la macchina parcheggiata, con Daniela alla sua sinistra e Marco a destra.
Lucia, da dietro il parabrezza, sprofondava di paura e imbarazzo sul sedile.
Paola si era girata verso Marco con le labbra protese, lui le aveva sfiorato le labbra e poi era subito tornato a guardare verso la macchina.
Tutti e tre avevano un sorriso gigantesco, proprio come adesso.
Forse sarebbe andato tutto bene.