«L’unica ragione per cui ho accettato di scrivere è perché ho pensato che quando sarò ricco e famoso avrò di meglio da fare che passare la giornata a rispondere a domande stupide. Quindi questo libro mi sarà utile».
Tutti noi – chi su una Roll’s Royce, chi su una vecchia Uno, chi sulla Mercedes di rappresentanza, chi sulla bicicletta troppo alta del papà – abbiamo attraversato più o meno indenni la Terra di Mezzo della nostra esistenza. Quell’area del tempo in cui ti accorgi che la vita è un’altra cosa. Quel percorso di studi che forma la personalità di un uomo e di una donna più di ogni altro. Quella che, per dirla con le parole di un eroe dei nostri tempi, “è la cosa più stupida che sia mai stata inventata”.
Parliamo delle scuole medie, e il nostro eroe è Greg Heffley.
Persino il nome è difficile da ricordare, eppure questo eterno undicenne allampanato, con tre capelli esplosi sulla nuca e carisma nascosto nelle tasche, è il caso editoriale tra gli anni Zero e gli anni Dieci di questi insopportabili Duemila: la saga di Diario di una schiappa piazza nell’empireo degli autori più venduti di tutti i tempi Jeff Kinney e la sua ganga di ragazzini. Per dare un’idea delle proporzioni, i sette volumi (più uno previsto nel 2014, per non parlare dei tre film) hanno venduto più di Dan Brown. Dan Brown, eh. Dio c’è, l’ho sempre sostenuto, e agli intrighi di palazzo evidentemente preferisce i corridoi e le aule e gli armadietti. Diario di una schiappa – Si salvi chi può, l’ultimo appena uscito in libreria sempre per Il Castoro, sta toccando il milione e mezzo di copie in tutto il mondo, in Italia è davanti a Grisham e Sepulveda. La classifica parla chiaro.
Di cosa stiamo parlando, tecnicamente? Di un diario; e vabbè. Ma Greg non è Gianburrasca, e nemmeno Holden Caulfield. Tecnicamente non è neanche una schiappa: non è il peggiore, né il più discolo, il più burlone, il più sfigato. Greg è te che lo stai leggendo, che tu abbia la sua età, dieci, venti, cinquanta, cento anni di più. Anche tu alle medie avevi l’amico aggrappato alla terza elementare (Rowley), anche tu avevi il compagno di classe lurido e vagamente pervertito (Fregley), anche tu litigavi con la secchiona della classe (Patty) e probabilmente subivi gli scherzi del fratello maggiore (Rodrick) e i favoritismi che i tuoi facevano a quello minore (Manny). Perché come Charlie Brown, Diario di una schiappa è universale: vale oggi, valeva ieri e varrà sempre. Ma a differenza di famiglie come Simpson o Griffin, gli Heffley sono visti con gli occhi di un undicenne: i genitori non sono cattivi o balordi, ma fanno e ti ordinano cose che non hai ancora i mezzi per capire. E a differenza dei Peanuts, Greg è terribilmente concreto: meno elegante o raffinato, non svolazza su grandi temi toccati con leggerezza, ma vive i problemi di chi si scontra con la sua terribile età. I rapporti umani che si fanno complessi. I genitori che alzano l’asticella delle pretese. Un modo nuovo di comportarsi e di gestire corpo ed emozioni. E tutto con guizzi umoristici spiazzanti, supportati da vignette (disegnate dall’autore stesso) semplici ed espressive insieme.
Io non so voi come eravate alle scuole medie, ma io me le ricordo bene com’ero.
Le scuole medie erano quelle in cui eri a cavallo tra una vita senza grandi problemi (le elementari) e una vita di odio nichilista e aprioristico (le superiori). Per questo, tutto quello che ti accadeva alle scuole medie sarebbe stato eterno, assoluto, ineluttabile, infinito. Se avessi toccato il formaggio ammuffito per terra nel campo da basket avresti avuto la Malattia del Formaggio per sempre. Se qualcuno ti avesse visto il sedere macchiato di cioccolato ti avrebbe soprannominato Popi per sempre. Se ti veniva l’idea di costruire una casa dei fantasmi in taverna e farci pagare l’ingresso saresti diventato ricco per sempre. Andare vestito nel modo sbagliato a una festa, ballando nel modo sbagliato, parlando con le persone sbagliate, avrebbe rovinato la tua reputazione per sempre. Tutto era per sempre, e quindi improvvisamente gigantesco, nel bene come nel male.
Tu che hai l’età di Greg e leggi le sue avventure da schiappa, in cui a cento sconfitte seguono talvolta frizzanti rivincite, stai crescendo con lui e insomma, la vita fa meno panico quando ti accorgi che non sei l’unico a viverla. Può essere gigantesca, ma Diario di una schiappa te la depila, dalla paura: e finalmente, vedendola glabra, ci puoi ridere sopra.
Tu che quell’età l’hai superata, e non importa di quanto, ti ci rituffi dentro, a quei problemi giganteschi. Li rivedi tutti, uno a uno: ti ricordi di quando hai fatto la tale figura da fesso o quando l’hai scavata con un colpo di fortuna micidiale. E quando torni ad indossare i tuoi vestiti da adulto ti ricordi che è stato anche merito di quel ragazzino lì, quello della prima media, se adesso sei quello che sei. O di Greg Heffley, che poi è uguale.