Oh, mamma dimmi ma come mai,
io non lo so ma forse tu lo sai,
che si diventa quando poi si cresce.
Da quella porta quando alfin si esce.
Oh, mamma dimmi, su dimmi mamma
se avrò una parte di commedia o dramma.
Se potrò esser quel che io sarò?
Prova a sorprendermi. Fammi sognare un po’.
Invia al mio orecchio, rosa parabola,
un segnale nitido della mia favola…
Su dai prevedimi, un bel colpo oracolo:
domani oggi come un gran miracolo.
Insinua ipotesi, fato al quadrato,
di cosa, un giorno, mi avrà trasformato…
Calcola forme, giuste misure,
con l’equazione delle mie paure.
Oh, mamma sai, che ancora credo in te.
L’attesa è un fuoco e brucia auto da fè.
Oggi mi vedo. Ieri è laggiù…
Vorrei un futuro come un deja vù…
Con calma anch’io, qui mi aspetterò:
da son così a che cosa son non so…
La metamorfosi lungo il cammino
mostrerà i sintomi del mio destino?
Avrei dei sogni, ciò mezze idee:
diafane e rare come le orchidee.
Lo so già adesso, che vorrei fare:
ci devo credere e solo aspettare…
Farò il MECCANICO però dei quanti
fatti di luce indosserò i miei guanti.
Nel mio garage io renderò più belle
sia dove e quando le mie particelle.
PERCUSSIONISTA ma di elettroni
orbitenendo il ritmo sui neutroni.
La batteria che poi si suonerà
avrà di certo due polarità.
Un SUONATORE ma di vulcani
lapilli e cenere tra le mie mani,
son trasformati con la lava in poco,
in overtùr che erutterò di fuoco.
L’ESPLORATORE ma di emozioni
facendo piccole gran spedizioni.
Cascate e giungle io poi scoprirò
dentro a uno sguardo che non scorderò.
Farò il SURFISTA sopra micro onde
facendo slalom in mezzo a tazze tonde.
Gareggerò senza il riscaldamento:
lì tutto bolle in meno di un momento.
Poi dei romanzi io farò il DOTTORE
(non tutto il giorno solo alcune ore).
Prolissi o scialbi mi dovranno dire
sia trentatrè che come va a finire.
Sarò ASTRONAUTA ma ballerino:
a un buco nero danzerò vicino.
Di un palcocosmo, io, l’etoile lucente
che brilla ancora quando ormai è niente.
Il FALEGNAME ma dei racconti:
con chiodi e colla saran presto pronti.
Se troppo lunghi senza far ‘na piega
li accorcerò con la fedele sega.
Prenderò in sposa la mia PRIMAVERA
dopo il solstizio, prima che sia sera.
Mentre la neve lì si scioglierà,
un fiore nuovo lei mi sboccerà.
Sarò un LIUTAIO, ma di verdura,
dal suono limpido della natura.
Zucche barocche o melanzane in do,
dopo raccolte farò il borderò.
Sarò un PROFETA ma di passati.
Non pensochè ne predirò sbagliati.
Ma nella storia ci son troppi esempi:
rifare errori fatti in altri tempi.
Un ARCHITETTO ma di espressioni:
finestre occhi e bocche dei portoni.
Progetterò un sorriso per gli dei.
Ma ciò che conta incanterà anche lei.
Farò il PILOTA ma di tartaruga:
le farò il pieno a succo di lattuga.
Che intanto parte che poi si vedrà…
da qualche parte certo arriverà.
Sarò BECCHINO però più STILISTA.
la collezione mia, un pò, sai, rattrista.
Mode passate per le mie sfilate:
ritornan sempre anche se sotterrate.
Un MATEMATICO ma surreale:
mi sentirò fratello di un frattale.
Sugli algoritmi danzerò canzoni
e farò un mucchio di buone equazioni.
Sarò INSEGNANTE ma di ignoranza
(come se al mondo non ce n’è abbastanza).
Sarò un maestro per disimparare
(ma tanto c’è chi già lo sta facendo fare).
Sarò SCIENZIATO, nobel di scemenza,
studiando cose che puoi farne senza.
Sprecherò infatti tutta la mia vita
senza aver fatto neanche mezza gita.
Un PESCATORE ma di foglie morte
quando l’autunno sarà ormai alle porte.
Quando l’estate farà verdi i rami
io, riposando, aggiusterò i miei ami.
Sarò un ATLETA senza il corpo umano:
gareggerò per andar più lontano
dei miei pensieri e ancora un po’ più in là.
Sarà il traguardo, mio, l’immensità.
Un PALOMBARO ma dei ricordi,
immerso sempre in persi suoni sordi.
Scoprirò, in fondo, alla profondità
da dove viene la mia identità.
Sarò l’IDRAULICO e non pagherai
(…di cose assurde ne ho già dette, dai!)
Ne avrò di scelte. Di prospettive.
Di desideri e grandi aspettative…
E strade aperte. Molte occasioni:
tutto sospinto dalle mie emozioni…
Poi, passa il tempo, mi guardo indietro
e ciò che vedo mi spaventa e arretro.
Le delusioni. Le gran facciate:
dietro le cose giuste, le sbagliate.
Le scelte che non han portato a niente
consolidando solo un gran perdente.
Senza futuro. Senza passato.
Con un presente vuoto e un po’ sbandato.
Oh, mamma dimmi: com’è successo,
che son ridotto come sono adesso.
Fammi passare. Ritorno indietro.
Là fuori il mondo è come carta vetro.
Oh, mamma dimmi: qual è posta?
La cifra enorme che la vita costa.
Lento affondare dentro al fango grigio
senza un sorriso e neanche più un litigio.
Oh, mamma dimmi: tu lo sapevi?
Quella risposta ormai tu me la devi.
Speranza e sogni son parole vuote:
lisca di suono da portare in dote.
Oh, mamma dimmi: ma come faccio?
Io sto gelando fuori, qui, all’adiaccio.
Io voglio solo ritornare dentro.
Dentro di te, proprio lì dentro al centro.
Utero grotta. Ventre riparo.
Il sacco amniotico è il mio mondo raro.
Riparo ventre. Utero grotta.
Là fuori è sempre una tremenda lotta…
Tiro alla corda. Ombelicale.
Gioco da solo e non mi faccio male…
Che bello il buio, se ci galleggio.
Non so se è meglio, so che fuori è peggio.
Spermatozoo è ora ormai il mio sogno.
L’unica cosa di cui, io, ho bisogno.
Riavvolgo il nastro, fino all’inizio.
Non son più niente.
Fine supplizio.
Le ombre son lontane. I falò si sono spenti.
La vista che si perde dentro al crollo degli eventi…
Imputridisce l’acqua. Il cielo si fa cupo.
Ha smesso di ululare, ormai, l’ultimo lupo…