Molti Artisti sono come navi che si allontanano, mentre le osserviamo immobili dalla riva. Nel caso di Baudelaire la visione è rovesciata. Egli si avvicina mentre il tempo sembra distaccarlo da noi, la sua presenza è tanto percepibile e violenta quanto più evanescente risulta il senso della nostra realtà. Il mondo cambia, è notevolmente diverso dalla sua Parigi ottocentesca, eppure non è difficile accorgersi che esso assomiglia sempre più al mondo terribile e affascinante che l’Artista sognò, indagò, accettò per poi rifiutarlo. La nostra epoca, e noi con essa, diventa sempre più baudelairiana.
Egli non apparteneva alla razza dei profeti, un antidemocratico che non accettava i facili compromessi, guardava e dissacrava in maniera totalizzante, disprezzava l’aria solenne del vate annunciatore di cambiamenti rivoluzionari, il bene dell’umanità lo attraeva debolmente e non credeva nel mito del progresso. Adorava i sensi, il ricordo di una giornata, si cullava nella propria agonia e nella malinconia dei momenti perduti. Il suo anti-illuminismo era dichiarato e profondo. Era impensabile per lui, oltre che inconcepibile, la figura dell’uomo come artefice della sua storia. Nella sua opera d’arte in versi, I fiori del male, la natura trasuda il delitto, la baracca pomposa e fatiscente del Romanticismo esce a galla in tutta la sua evidenza mentre l’Artista si arrende stremato dopo aver vissuto il suo tempo con amore e sofferenza, sia con gli impeti dell’anima che con la forza della ragione, da intellettuale nomade che, conscio di ciò che gli sta accadendo intorno, descrive il dramma del reale e inscena la sua protesta.
Nei fiori di Baudelaire, l’Arte non è concepita come imitazione delle cose belle. Non esistono cose belle o brutte in sé stesse, il bello non può essere iscritto a una gerarchia naturale che quantifichi il piacere dei nostri sensi. Baudelaire rivendicava la vita moderna, opponendosi al neo-classicismo che elucubrava una bellezza solenne e antica, ma pur sempre una palude. La sua Parigi, invece, era fertile di soggetti poetici e meravigliosi. Il thauma degli antichi, che sta alla base della filosofia occidentale, venne ripreso da Baudelaire, inteso come quella meraviglia che ci avvolge come l’aria che ci circonda, come immersi nell’atmosfera. Sprofondati in ogni luogo, in ogni realtà che quotidianamente viviamo, le meraviglie del mondo, il loro cristallino carattere poetico, non possono essere viste se siamo privi d’immaginazione.
L’universo è solo un susseguirsi d’immagini e di segni ai quali l’immaginazione attribuisce qualità e istanze, limiti e definizioni, un posto e un valore in relazione alla nostra individuale forza raziocinante e alla nostra ispirazione. La realtà si nutre della nostra immaginazione, dipende da essa. L’esperienza artistica e intellettuale perde dignità e consistenza di fronte a una realtà esteriore che si mostra nella sua bruta immediatezza. Attraverso il filtro della memoria e dell’immaginazione, che Baudelaire ha direttamente ereditato dall’estetica kantiana, il reale diventa interessante e stupefacente. L’essere umano adopera la sua fervida immaginazione affinché il mondo possa avere uno spessore mitico e non più feticistico.
Nella dimensione feticistica del reale ogni cosa è simulacro della bellezza e della verità, cioè simulazione. Siamo immessi in una realtà che non è stata creata da noi, ma prodotta per noi. Un’istituzione qualsiasi è potenzialmente un simulacro, anche un’idea così come un comune concetto. Tagliati fuori dai circuiti della creazione collettiva, questi prodotti stilizzati ci attraversano vanificando le nostre potenzialità comunicative e la libertà di pensiero, manipolano la scelta e il gusto e impongono uno stile di vita non abitudinario ma compulsivo. I medium contemporanei, cioè Internet e la Televisione come principali veicoli di simulacri, fermentano questo rito psicotico delle masse.
L’attualità, di una fascino terrificante e ambiguo, dei Fiori del Male sta tutta nell’anti-estetica di Baudelaire, cioè un metodo sconosciuto e iconoclastico, qualcosa da opporre con efficacia agli aspetti parossistici della comunicazione di massa, come totale negazione di una realtà esterna che, non essendo il parto di un nostro personalissimo percorso intellettuale e creativo, non dovrebbe interessarci. Ciò non esclude che nell’opera di Baudelaire non vi siano esperienze patologiche come la tossicomania o la dipendenza d’alcool, ma il suo metodo di trasfigurazione simbolica ha mostrato come queste ed altre vie di fuga dalla realtà possano risultare comprensibili, nonostante allontanino l’individuo da una più profonda conoscenza di sé stesso.
Ricominciare con uno sforzo di depurazione delle credenze più comuni; con le infinite risorse della nostra immaginazione, con le nostre capacità intellettive che hanno la forza di trasfigurare la realtà, riproporre qualcosa nell’attuale panorama culturale, ridottosi a metastasi sociale, che non sia semplicemente invenzione ma pura creazione; rendere più autentica e personale la nostra esistenza: con la giusta dose di coraggio, questo è il modo migliore per dare il benvenuto a Baudelaire!