Il primo gennaio del 2003 moriva Giorgio Gaber. Una giusta definizione, un giusto aggettivo per definire il Signor G. è difficile da trovare. Quello di artista, forse, sintetizza meglio ciò che ha lasciato Gaber. Fine pensatore, creatore di testi che ti lasciano riflettere su qualsiasi tema, dalla politica all’amore, da problemi sociali a dilemmi personali. Le sue canzoni sono un’alternanza di riflessioni che l’artista decideva di condividere con il pubblico, alcuni sono diventati dei veri e propri capolavori, da ‘La libertà’ a ‘Io non mi sento italiano’, da ‘La razza in estinzione’ a ‘Quando sarò capace di amare’.
Ciò che sorprende dei testi di Gaber è l’attualità di ciò che lui cantava, testi che se non sai che sono stati scritti molti anni fa puoi anche credere che siano stati compiuti pochi mesi fa. Testi che alternano varie sensazioni che provava l’artista Gaber, alcuni sottolineavano la disillusione più totale e anche senso di sconfitta per alcuni avvenimenti, concetto sintetizzato alla perfezione col titolo dell’album ‘La mia generazione ha perso’. Altri testi possiedono un’ironia a tratti anche cinica basti pensare a ‘L’obeso’, altri ancora, invece, presentano una disamina più che realista del presente come ‘Verso il terzo millennio’ che dopo un grande pessimismo con il quale Gaber traccia il momento storico, lascia tuttavia una speranza in quella frase finale ‘Ma io ti voglio dire che non è mai finita che tutto ciò che accade fa parte della vita’. Come dicevo ciò che sorprende è l’attualità dei testi. Tale riflessione sconcerta non poco, perché determinate dinamiche della politica italiana ad esempio, continuano a riaffiorare nell’epoca odierna, e allora ti viene in mente che da quando sono stati scritti quei pezzi non è cambiato niente e si ha il timore che nulla possa cambiare. Dall’altra parte, ciò sottolinea però la genialità di Gaber. Comporre testi del genere ti fanno entrare a grandi meriti nella storia della musica italiana, e sarebbe bello che alcuni pezzi venissero fatti conoscere già nelle scuole ai giovani ragazzi. Ti aprono la mente, ti fanno riflettere, creano opinione.
Puoi non essere d’accordo con ciò che cantava, ma il punto sta proprio che dopo una canzone che ascolti non puoi non fermarti un attimo e riflettere su ciò che dice l’autore milanese. Insomma Gaber ci ha lasciato qualcosa d’importante che è bene ricordare e che è bene ad ascoltare al di là delle proprie preferenze musicali e al di là dei propri generi preferiti. A dieci anni dalla sua scomparsa è inutile dire che nel panorama della musica italiana l’unico fine pensatore che ci è rimasto è Franco Battiato, e trovo davvero difficile, viste anche le giovani leve, ritrovare qualcosa di simile oggi giorno. Senza voler entrare nel merito della situazione musicale in Italia, credo che però sia sempre bene che oltre le canzoni più leggere che magari si ascoltano semplicemente per rilassarsi o per distrarsi ci siano altre che invece facciano riflettere un attimo e lascino l’ascoltatore con dei dubbi. Tutto ciò crea opinione, crea dibattito, crea discussione, crea passione. Mi piace concludere con una strofa del pezzo ‘Il tutto è falso’, la quale esprime un concetto che ritrovo tuttora, giorno dopo giorno, nella nostra quotidianità.
Questo è un mondo che ti logora di dentro, ma non vedo come fare ad esser contro, non mi arrendo ma per essere sincero, io non vedo proprio niente che assomigli al vero.