Per me è un enorme dolore dire addio a questa avventura. Per tutti noi era una speranza: volevamo, anche in tempi di crisi, tirare fuori qualcosa di importante. Metterci dalla parte degli ultimi, raccontare il mondo (…) So di aver sbagliato e ho pagato più di tutti, come direttore che non ha preso l’ultimo stipendio e come editore.
Le parole sono quelle di Luca Telese, direttore ed editore di ‘Pubblico’, quotidiano che dopo soli tre mesi di vita chiude i battenti a meno che non ci sia una ricapitalizzazione, ma tale eventualità sembra molto lontana. E così 19 redattori, tre poligrafici, otto collaboratori stabili ed altre persone che lavoravano per il quotidiano si ritrovano in strada senza stipendio e preoccupati del proprio futuro. C’è anche chi ha abbandonato il vecchio lavoro per dedicarsi alla scommessa di tale giornale. Scommessa persa, ma a quanto pare anche un po’ annunciata, in quanto gli stessi redattori hanno denunciato in una lettera pubblica e visionabile anche sul sito del quotidiano che:
“Il direttore del giornale è tra i principali fondatori e promotori di questa azienda, così come l’amministratore delegato. Eppure né l’uno né l’altro hanno saputo arginare le scelte strategiche che hanno portato al disastro. Primo, il capitale sociale esangue, che non poteva certo reggere ad una programmazione economica di almeno sei mesi. Secondo, il prezzo di copertina iniziale ad un euro e mezzo, evidentemente troppo alto all’epoca della “grande crisi”. Terzo, la totale assenza di una campagna pubblicitaria che facesse conoscere il giornale ai lettori, nell’ingenua convinzione che ai tempi di internet e di twitter bastasse il tam-tam digitale per farsi strada. Quarto, la totale mancanza di un “piano B” nel caso in cui le cose fossero andate male. Qualche tentativo di correggere la rotta, appena si è visto che i conti – evidentemente – non tornavano? No”. Insomma, un vero ‘giornalicidio’, come gli stessi redattori l’hanno definito.
Tale disastro fa riflettere sulla situazione totalmente instabile in cui si trovano i giornalisti ed altre persone che ruotano all’interno di tale mondo. Si viene chiamati per progetti, all’inizio ti incantano parlandoti della serietà che si richiede per dar vita alla propria idea, magari ti dicono che all’inizio non vedrai molti denari, forse nemmeno l’ombra, ma se le cose poi vanno come devono andare, allora ci si starà tutti meglio se non benissimo. Il punto è che non basta solo avere un buona idea, chiamare a sé varie persone che possono portarla avanti, fare promesse su promesse e rischiare di non mantenerle. Bisogna avere soprattutto le competenze per far avviare una macchina perfetta, avere l’abilità di dare ruoli di responsabilità alle persone giuste, essere chiari fin dall’inizio con coloro che lavoreranno per te.
Bisogna incominciare a capire che qui si sta giocando con le vite delle persone, persone che di in anno in anno, sono diventate prima pubbliciste, poi magari giornalisti professionisti, insomma persone che da tempo stanno lavorando al proprio progetto personale per dare vita a quella che prima di tutto è una passione ma prima o poi questa passione, diventando lavoro, in quanto tale, ti deve far campare. Ci siamo anche abituati che tale modus operandi sia ormai giusto, lavorare gratis o comunque per pochi spiccioli, con la speranza che poi tutto vada bene… il problema è che in molti casi non lo saprai mai se tutto va realmente bene e continui a stare in questo limbo da cui non sai quando riuscirai ad uscirne. Mal che vada fallisce tutto, tu ti ritrovi rovinato ma qualcuno che ti propone qualche altro progetto splendido lo trovi, e ricadi nel limbo. Mi vengono in mente le parole della canzone ‘Chiedi chiedi’ di Frankie Hi Nrg.
Per amore della musica anch’io di tipi come te ne ho conosciuti un fottio di gente scorretta, di gente che sfrutta che prima ti usa e a cose fatte ti butta (…) Il gioco sta nel dire che ci sarà poco da spartire che non ti potrai mica arricchire che quelle poche lire non potranno mai ripagarti che non ci son parole per riuscire a ringraziarti. Tu non preoccuparti, ora et labora che i conti li faremo poi quando sarà l’ora (…) Ma se prima mi immischi e poi te ne infischi l’utile intaschi e scarichi i rischi fai il pesce sul fondo del barile che raschi mò prenditi i fischi per tutti i tuoi fiaschi.