Finalmente è finita. Si può dire?
Dopo centinaia di post su Facebook, messaggi su Twitter, foto su Instagram e addirittura qualche liveblogging, l’abbuffata è finita.
Parlo delle migliaia, ma che dico migliaia, centinaia di migliaia di persone che si sono dedicate a informarci su cosa avrebbero mangiato, stavano mangiando o avevano digerito durante le feste di Natale. Un’alluvione di menu che è stata anche la dimostrazione del gigantesco conformismo proprio dei social network. Sono stati in pochi a sottrarsi a questa rincorsa all’ultima descrizione.
Adesso che gli stomaci hanno finito gli straordinari si può forse riflettere sul fenomeno che porta tantissimi di noi a postare la foto di piatti di cui, diciamolo sottovoce, non frega un tubo a nessuno, visto che sta già faticando a finire il suo e i commenti che se ne ricavano vanno raramente oltre il “buonissimo” con l’aggiunta di un “io invece sto mangiando…”.
Viene fuori perciò l’assenza di quella “conversazione” di cui tanto molti parlano e viene fuori solo il voler fare “vetrina”.
Non scomoderei riflessioni sociologiche o trattati di psicologia, penso piuttosto che si tratti di un conformismo sempre più esasperato e spesso addirittura involontario.
Mi ha invece fatto molto ridere una riflessione di un amico con la battuta sempre in canna: se proprio dovete postare le foto del pranzo, postate quelle del pasto di Marco Pannella