Rumore bianco non è quello della neve, che si adagia sul manto erboso di un qualsiasi mattino di un qualsiasi inverno. Non emette un rumore bianco il ventre di una balena, il movimento sinuoso di un predatore marino, la schiuma slavata delle onde che terminano sulla riva della spiaggia, lo scrosciare dell’acqua sugli scogli o della pioggia o la violenza di una bora triestina.
Le maestose e intangibili profondità dello spazio, forse, fanno un rumore bianco.
Un rumore che potrebbe prenderti alla sprovvista mentre fai l’amore, mentre guardi fallire i tuoi risparmi, mentre sei sprofondato nel quotidiano della tua esistenza senza saperlo, quando ogni piccola cosa che tocchi o che assapori ha un’importanza velleitaria, fugace. Una proprietà accidentale ma necessaria. Forse essenziale quanto il tuo respiro, resta il predicabile fondamentale di ogni soggetto che voglia definirsi umano, perché quest’ultimo è temporale e finito. Non è una capacità, ma solo una conseguenza. Inappropriata, irruenta, violenta. Anche voluta, meditata, studiata nei suoi minimi particolari da forze umane o sovrumane, neuro-vegetali o biochimiche, che ti usano come l’alfiere o il cavallo sulla loro splendida scacchiera a quadretti. Mai il Re, mai la Regina sarai. Necessaria, ma pur sempre accidentale, un’aggiunta a tutto quello che stai facendo o che farai. Al di là delle conclusioni, in un modo o nell’altro.
Non ha la stessa natura di una convinzione o di un’ideologia e chi crede di perseguirla, anche con ostinazione, non sta contro Hitler e nemmeno dalla parte degli ebrei. Alcuni adepti di essa sono dei folli, altri la conoscono fin troppo bene che hanno deciso di abbandonarla. Non si studia e non s’insegna, ed è un rumore che non si sente. Non esistono profeti che hanno predetto un rumore di questo genere, la sua essenza escatologica risiede nella sua arte d’improvvisare, è consustanziale al meccanismo biologico ed evolutivo, è la giusta premessa ad ogni rivoluzione culturale, oltre che sociale; non è di sinistra ma resta progressista, ed è strumento preferito per chi pratica logiche perverse di comunicazione populista e oscurantista.
Un rumore bianco perché intrinseca nella sua natura la neutralità, arriva ovunque ma sembra che nessuno lo emetta, un parto legittimo senza madre e senza cavità vaginale, eternamente trasmesso come sottofondo alle nostre coscienti percezioni. Chiunque potrebbe udirlo ma continuamente temuto per la sua imprevedibilità, per la sua austera e inconcepibile intangibilità. È di una necessità simile al deterioramento fisico, è accidentale come una patologia psichica, con la differenza che non comporta false convinzioni perché le mancano anche quelle buone.
Un rumore che ama, nonostante tutto, quando vuole, mostrarsi con una certa eloquenza, come un’atavica divinità col suo giudizio universale conservato in un comodino da tempi immemori. Un rumore simile ai gemiti di una donna che vende amore sul finire di una strada qualsiasi, dove inizia quella della tua solitudine; il rumore di chi fa sesso per avere in cambio la vita, di chi scappa dal proprio rumore riempendosi lo stomaco di psicofarmaci; il rumore assordante del rampante, ossequioso e parossistico consumismo occidentale, rendendoci assuefatti, schiacciati dai ritmi e dalle illusioni e disposti a tutto pur di giustificare questa società, nella speranza di continuare a vivere nel nostro patologico narcisismo; quello della saturazione mediatica, una comunicazione che sta diventando esoterica perché non mostra mai la verità, ma si limita a bombardarci di alcune sue varianti; il rumore della militanza e dei servi del grande mito del collettivismo, ancora per poco; poi i luoghi comuni che fanno rumore come una valanga, l’intellettualismo da cinque centesimi l’ora nelle stanze degli studenti universitari, la paranoia del complotto e delle logge massoniche, l’avanzata esorbitante della corsa agli armamenti atomici, delle nuove e pervasive nanotecnologie e il sempre più ristretto spazio privato, così privato che privatizzandolo sembrerebbe un eufemismo. Un rumore che ci stringe e che ci assale come una roccaforte preda dei Barbari. Qualcosa che ci accerchia e che ci allontana, che ci isola mentre tutto sembra passare anonimo e impersonale. Dislocati come punti neri su un gigantesco foglio bianco, mentre attorno tutto fa rumore. Semplicemente.