“C’era una volta …” una formula, quasi magica, che tutti abbiamo avuto modo di ascoltare durante la nostra infanzia; un incipit che apre automaticamente l’immaginazione al mondo fantastico, quello delle fiabe. Però una domanda sorge spontanea: chi le ha prodotte, da dove arrivano e soprattutto come nascono?
La fiaba ha natali antichissimi, risalenti già al tempo dei Greci e dei Latini (es. Esopo e Fedro), e risulta particolarmente complicato seguirne la diffusione nel tempo e la propagazione nello spazio, dato che da sempre è stata affidata principalmente all’oralità e dunque al folklore.
C’ è stato un tempo, però, in cui la fiaba ha vissuto una grande rinascita letteraria, grazie all’interessamento della cultura Romantica, nel XIX secolo. A farsi promotori di questo interessamento in Germania furono i fratelli Grimm, che, dal loro incontro con le tradizioni popolari germaniche, riunirono i racconti fiabeschi più popolari del tempo nella raccolta “Fiabe” tra il 1812 e il 1822. Quello dei Grimm fu un lungo e complicato lavoro filologico che doveva necessariamente scontrarsi con tutte le variazioni esistenti per ogni fiaba da loro trascritta. Per avere un’idea della loro importanza nei racconti dell’infanzia, è sufficiente sapere che ai fratelli Grimm appartengono fiabe come “Hansel e Gretel”, “Il principe ranocchio”, “Cappuccetto Rosso”, “Cenerentola” e “Biancaneve”. Persino Google ieri, 20 dicembre 2012, ha dedicato ai filologi tedeschi un doodle su Cappuccetto Rosso, per i 200 anni dalla loro prima fiaba.
Premesso questo, è possibile ora introdurre la figura di Hans Christian Andersen, un altro grandissimo rappresentante del racconto fiabesco nell’Europa del XIX secolo.
H. C. Andresen nasce a Odense il 2 aprile del 1805 e dalla sua penna sono nate le storie de “La Sirenetta”, “Il Brutto Anatroccolo”,”Il Soldatino di Stagno”, “Mignolina”(o come riadattato dalla letteratura “Pollicina”), “La Piccola Fiammiferaia”, “La Principessa sul Pisello” e “I Vestiti Nuovi dell’Imperatore”. Come i fratelli Grimm, quindi, si occupò di fiabe, ma a differenza degli studiosi tedeschi, Andersen non recuperò mai le sue opere dallo studio del folklore danese, ma produsse tutto dalla propria immaginazione. Il lavoro da lui operato richiama l’esperienza diretta, un incontro, un viaggio, una cena o una passeggiata con il racconto popolare. Lo scrittore danese ha praticamente tirato fuori dalla sua fantasia, tra il 1835 e il 1870, storie che oggi sono parte integrante della cultura europea e mondiale, e che si affiancano alla sua vasta produzione di romanzi e opere teatrali.
Circa due mesi fa, è stato rinvenuto un testo autografo dello scrittore danese nell’Archivio Nazionale di Funen, vicino Odense. Lo storico Esben Brage, autore del ritrovamento, stava rovistando tra gli scaffali dell’archivio privato della famiglia Plum, quando, sfogliando alcuni vecchi documenti, si è imbattuto,dice, in “un pezzo di carta piegato, piccolo e ingiallito”.
Dichiara Brage: “Ho avuto migliaia di documenti storici tra le mie mani, così ho sviluppato una sorta di settimo senso che dice ‘Ehi!, questo è qualcosa di speciale e non deve essere riposto nuovamente’”.
Preso il documento, lo storico si è diretto dal custode dell’Archivio, noto esperto dei testi di Andersen, che si diceva affascinato dalla scoperta. Oggi, dopo due mesi di studi, è stato confermato che il testo appartiene effettivamente alla penna dello scrittore danese. Gli studiosi si dicono quasi tutti d’accordo nel far risalire il documento tra il 1820 e il 1826, e questo renderebbe lo scritto, la prima fiaba mai scritta da Andersen, il quale, come ho già spiegato, pubblica i suoi primi racconti solo nel 1835. La fiaba, dedicata alla signora Bunkeflod “dal suo devoto H. C. Andersen” all’età di 15 anni, si intitola “Taellelyset” (traducibile in italiano con “La Candela di Sego”) e narra la storia di una candela dimenticata, sporca e impolverata, che un bel giorno viene ripulita, accesa e messa nella condizione di sprigionare la sua bellezza attraverso la sua luce.
Un’analisi filologica attenta rende subito evidente che, tanto per lo stile che per i contenuti, questo non è tra gli scritti più maturi e lucidi di Andersen, che solo più tardi avrebbe donato alla letteratura la sua eccezionale capacità di infondere sentimenti ed emozioni a oggetti inanimati, rendendoli vivi e vitali.
Oggi a H. C. Andersen è dedicato anche un premio che riconosce opere che suscitano lo stesso duraturo interesse per i personaggi dello scrittore danese. A vincerlo tra i nomi più noti troviamo Gianni Rodari nel 1970 e J. K. Rowling nel 2010.
Tra i duecento anni dei fratelli Grimm e la nuova più vecchia fiaba di Andersen, la letteratura ci ha già consegnato il suo regalo di Natale; e anche se la maggior parte di noi conosce queste fiabe attraverso i film d’animazione, chissà che a qualcuno non sia venuta voglia di riscoprire la magia della fiaba nella sua forma originale, nero su bianco, inchiostro su carta.