Una tradizione natalizia che si rispetti impone che si trascorrano i giorni di festa con la propria famiglia, che ci si comporti bene, che si mostri di essere più generosi rispetto al resto dell’anno (specie con chi è più sfortunato di noi), che si scambino biglietti d’auguri, regali, a testimonianza della festività in corso.
Ebbene, nonostante persista qualcuno che ancora si ostina ad osteggiare apertamente il Natale, perché ‘fa tendenza’, perché è scontato, perché ‘io a queste cose non ci credo’, a partire dal mese di dicembre si inizia a respirare dovunque la famigerata aria natalizia: gli addobbi, i pacchi regalo, le luci, gli interminabili pranzi; ogni cosa è Natale.
Nella frenesia dei giorni che precedono il gran giorno, mentre si è alle prese con gli ultimi acquisti, fa (quasi) sorridere sapere che noi italiani, fieri da sempre delle nostre tradizioni, ne abbiamo addirittura “usurpata” una ai vicini inglesi. I bigliettini d’auguri – fin troppo trascurati nell’epoca dell’istant messaging – furono realizzati, si narra, per la prima volta a Londra, nel 1843, quando un tale Sir Henry Cole, editore e scrittore, decise di cambiare il modo di fare gli auguri a parenti ed amici; pare che Sir Cole si recò dal disegnatore John Calcott Horsley, il quale realizzò per lui un cartoncino colorato a mano, sul quale furono raffigurate immagini rappresentative di una famiglia a tavola da una parte e di opere di carità dall’altra, e sul quale fu stampata la topica frase: “Buon Natale e felice anno nuovo”. Soltanto in seguito, con l’invenzione del francobollo e la diffusione del mezzo – posta, la tradizione sarebbe stata trapiantata in Europa prima, negli Stati Uniti poi.
E la rivelazione non finisce qui.
Non è un caso, riflettendoci, che l’anno del primo bigliettino d’auguri sia altresì l’anno della pubblicazione, nella stessa terra inglese, del romanzo breve firmato Charles Dickens, A Christmas’s Carol?
Harry Bingham, scrittore inglese e agente di consulenza letteraria, ha sottolineato, nell’articolo pubblicato sul quotidiano Daily Telegraph dal titolo ‘How Britain invented Christmas’ – in una tinta, si direbbe, originale – che la spinta più importante alla formazione di una vera e propria tradizione natalizia sia stata data dagli inglesi dell’epoca vittoriana, e tra le prime file, dallo scrittore Charles Dickens. Il romanziere avrebbe fatto perno, nella realizzazione dell’opera, su alcuni dei motivi più caratteristici dell’evento: la famiglia (e l’importanza di stare assieme il giorno di Natale, attraverso la figura del caro nipote), la beneficenza (la necessità morale di avere uno spirito caritatevole), e poi i regali, i dolci, i canti natalizi: la storia del gelido e tirchio Ebenezer Scrooge, visitato da tre diversi spiriti, quello del Passato, quello del Presente e quello del Futuro, le cui visite gli vengono preannunciate dall’apparizione del fantasma dell’ormai da sette anni defunto amico e collega Jacob Marley, e della sua conversione alla generosità, è effettivamente l’esposizione letteraria di un’usanza che accomuna tutti quanti.
Il Canto di Natale, uscito il 18 dicembre del 1843 e venduto, nella sola prima settimana, per più di seimila copie, fa parte della raccolta The Christmas Books, e può meritatamente essere considerato un cardine non solo della letteratura ma anche delle festività.