Alcuni lettori trattano il libro, in senso materiale, come qualcosa di sacro. Guai a scriverci su, gualcirlo, spiegazzarlo ma, soprattutto, a chiedere al suddetto genere di lettore di averne in prestito uno. Non perché vi dirà di no, anzi acconsentirà quasi sicuramente facendovi mille raccomandazioni ma, al momento della restituzione, vi guarderà con malcelato disgusto poiché, certamente, avrà notato una minuscola increspatura sulla copertina. Io appartengo a un’altra categoria: il libro non ha per me nessun significato religioso, lo consumo in un certo senso, faccio le famigerate pieghe agli angoli per tenere il segno, sottolineo passi, talvolta a penna se non addirittura con l’evidenziatore e, soprattutto, traggo spunti per successive letture facendo un’orecchietta, che si distingue da quella per portare il segno perché più grande. Creo in questo modo un trampolino per un lancio successivo, per un acquisto in libreria, per una discussione o solo come promemoria. Insomma sono una di quelle che i libri li ama e li maltratta e- orrore!- spesso non li restituisce ai legittimi proprietari.
La prima ammissione che devo fare dopo aver letto “Incontri notevoli di un libraio militante” è questa: il libro è uscito davvero malconcio dalla mia esperienza di lettura. Questa antologia di scritti di diversi autori, ciascuno dei quali preceduto da una doppia introduzione di Davide D’Urso, è ora pregna di tali e tanti segni pronti a dare alla luce successivi spunti, letture e riflessioni, da avermi intenerita per quanto poco delicata sono stata con lei nella lettura.
Verrebbe facile figurarsi questa raccolta come una riproduzione nostrana delle “Mille e una notte”: una fascinosa voce narrante partenopea ci introduce alla lettura di alcune storie, sebbene frutto di penne altrui. Non è proprio così. Immaginatevi piuttosto uno scrigno, immaginate di tirarne fuori piccoli cammei, gioielli discreti ma preziosi, e che una voce familiare intanto vi racconti come sono arrivati nella vostra famiglia, vi parli della genesi della proprietà del singolo oggetto, vi descriva le mani dell’orafo e poi si eclissi, per lasciarvi in pace appuntare una spilla, indossare una collana e così via, senza farsi mai ingombrante eppure senza lasciarvi mai soli. Quella voce è di un libraio militante, uno di quelli -credo- che in libreria mai si avvicinerebbero a voi esordendo con un fastidiosissimo “dica”, ma che piuttosto osservandovi cercherebbe di capire che tipo di lettore siate, che si soffermerebbe ove possibile a parlarvi, magari, perché no, indugerebbe con voi in una discussione accesa poiché, avendovi riconosciuto come un lettore vero, vi giudicherebbe persone interessanti e interessate alla sua stessa passione: il libro. Si sa, le passioni infiammano e dividono e mai, come in una baruffa verbale su questo o quell’autore, un libraio militante e un lettore vero si sentirebbero più vicini. Sto facendo solo ipotesi, il suddetto libraio non lo conosco, ma so che spesso nel corso della lettura avrei voluto mi sentisse dargli ragione, mi desse risposte a nuove domande che le sue parole mi suggerivano, mi sascoltasse disapprovare alcune sue affermazioni. Questo testo mi ha insomma resa una voce narrante.
Gli scritti che il libraio Davide D’Urso introduce sono di Antonio Russo De Vivo, Carmine Borrino, Rosario Zanni, Massimo D’Antonio, Alessandro Toppi, Gianluca Vitiello, Sara Bilotti, Ciro Biondi, Francesco Escalona e una lettrice anonima. Diversissimi tra loro, alcuni racconti, altri ricordi e ricostruzioni, altri reportage, riescono a mantenere un filo conduttore, o più d’uno: la terra, la nostalgia, la crescita, il cambiamento, per citarne alcuni. Eppure restano differenti e distanti gli uni dagli altri, ognuno con la propria cifra stilistica e il proprio mondo da raccontare. La prostituta ucraina, l’operaio calabrese, il reportage sui beni confiscati alla camorra, il mondo che verrà, una mamma, una giovane donna che parla col ventre, ognuno di loro resta isola di un arcipelago di parole di autori talentuosi riuniti dall’oceano dell’amore per la letteratura.
Questo non è un consiglio ma una speranza di lettura: dove non arriva la pubblicità può e deve il passaparola. Troverete un luogo seguendo questo testo, un posto fisico, una libreria, e dentro ci troverete quel libraio militante e i suoi consigli.
Io intanto lo ringrazio perché dopo aver letto questo libro mi sento infinitamente meno sola: anch’io non sono mai riuscita a terminare l’Ulisse di Joyce.