…non è la rosa, non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,
ma sono mille papaveri rossi.
La guerra di Piero, F. De André
Per riuscire ad osservare un quadro formicolante di dettagli nella sua interezza è talvolta necessario fare un passo indietro; allo stesso modo le considerazioni sulla vita richiedono un certo arretramento che consenta uno sguardo più chiaro e completo sulle finalità dell’essere umano e sulla sua libertà morale. Nella sua corsa millenaria l’uomo è realmente solo un animale che tende all’infinita riproduzione di se stesso? E può considerarsi uomo completo anche chi prescinda dalla sua funzione procreativa?
A giudicare da quanto severamente usi, credenze e religioni riprovino i rapporti “sterili”e gli amori senza frutto, mi sembra evidente che la società intera, sotto qualunque latitudine si trovi, emetta severe condanne nei confronti di chi per forza o per scelta non “passi per il sangue”, in altre parole non possa o non riesca a riprodursi trasmettendo la propria essenza vitale a nuove creature. Questa censura imbeve e tormenta i tre protagonisti del breve ma intenso romanzo di Eduardo Savarese, giovane magistrato napoletano, edito da E/O.
Divisi e distanti, Agar, un’anziana donna greca, e Luca, un giovane reduce dalla guerra in Afghanistan, si muovono attorno alla figura di Marcello, unico nipote dell’una, amato amante dell’altro, contendendosi verità e pensieri di un personaggio scomparso e muto, ma vivo e tuttora parlante nel loro animo. Di fatto, durante una dolorosa ricostruzione delle ragioni che hanno spinto Marcello a scegliere di arruolarsi prima e di offrirsi poi volontario per una missione suicida, Agar e Luca ricompongono il puzzle della loro vita. Giunta alla fine della parabola di un’esistenza affrontata con asprezza apparente, la donna esuma a fatica un passato che non ha smesso di ferirla, attraverso lettere nascoste e slittamenti temporali; il ragazzo, il cui pensiero torna incessantemente all’amore perduto, consolida la propria identità nel diritto di amare altri uomini dopo Marcello, grazie a Marcello.
In questo rabbioso e crudele lavorìo, tra i due contendenti si intreccia un rapporto conflittuale, entrambi Orfeo disperati di una Euridice dai contorni sfuggenti, alla cui scomparsa guardano con rabbia, quasi attribuendo una colpa. Entrambi vorrebbero non guardare indietro per non far piombare definitivamente Marcello nell’oblio indistinto di chi muore senza generare, e tuttavia vi sono costretti per tentare di capire l’incomprensibile: perché la missione, perché la guerra?
La risposta, di cui Luca e Agar sono consapevoli, è racchiusa nelle parole di Marcello, soldatino ubbidiente che si costringe a camminare senza sculettare per non deludere nessuno, maschio per forza, combattente per fuga:
Quando davvero saremo in guerra ci sentiremo più liberi. Sapremo cosa fare e sapremo dire chi siamo. Diventa tutto essenziale, in guerra.
E proprio quella essenzialità, quell’affermazione incondizionata del proprio essere cercano i tre protagonisti.
Rielaborazione di un precedente scritto segnalato al Premio Calvino 2010, Non passare per il sangue è essenziale ed asciutto, ma lo stile non è privo di slanci poetici: il dolore che permea ogni parola è profondo e tragico, anche se sommessamente espresso. Il tema dell’amore omosessuale è affrontato da un punto di vista originale e vissuto nei gesti -dalla tenerezza di un sorriso al sesso furioso e rubato- con pudore e naturalezza.
Ho trovato leggermente faticosa alla lettura la scelta di attribuire alla protagonista di origine greca la mancanza assoluta di doppie nel parlato; tuttavia ho immaginato la persistenza “in linea” con il personaggio irremovibile e testardo di Agar, che ho sentito molto vicina nella sua fierezza di donna che “è” e vuole essere al di là di quanto il suo utero riesca a produrre. Ma grande empatia ho sentito anche con Luca che, nonostante l’aspetto di uomo fatto, ha il sapore acidulo e fresco del frutto ancora acerbo, figura ricca di dubbi che acquisisce lungo la lettura la certezza di una maturità ormai vicina.