Che una persona non possa esprimere le proprie opinioni in ragione della propria origine e degli sbagli del passato non è forse una forma di discriminazione? Che quella stessa persona si autocensuri lungamente, tirando via solo in seguito il velo di silenzio che le tappa la bocca, in virtù degli errori, orribili errori, compiuti dal proprio popolo in passato, non è forse un’odiosa costrizione? I morti non si mettono in ordine di importanza né, aggiungo doverosamente, in ordine cronologico. Nessuno vuol dimenticare gli abomini del nazismo o negare l’olocausto, ma solo una logica perversa può giustificare che adesso, difronte alle barbarie compiute in un territorio, da ambedue i lati, si debba tacere per timore di esser giudicati antisemiti o, viceversa, filoisraeliani.
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d´Israele
al quale sono e voglio restare legato
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l´ultimo inchiostro:
La potenza nucleare di Israele minaccia
la così fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi — come tedeschi con sufficienti colpe a carico –
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicità.
Così ha scritto Günter Grass, Nobel per la letteratura, in questo estratto dalla sua poesia “Quello che deve essere detto”, (nella traduzione di Claudio Groff), pubblicata in aprile dalla ‘Süeddeutsche Zeitung’ che gli è costato la condanna da Israele come “persona non gradita”, nonostante lo stesso poeta si dichiari “amico di Israele”. Molte le critiche, giunte da più parti, alle sue parole forti nei confronti della politica del governo di Benjamin Netanyahu, come lui stesso ha precisato poi, non di certo nei confronti della legittima aspettativa degli israeliani di aver un proprio Stato, una propria terra, non a scapito però di chi quella terra ce l’aveva di diritto. Tuona Grass, come già fece sulla politica europea nei confronti della Grecia, e si impegna in prima persona superando quel pregiudizio che da tedesco lo vorrebbe zitto, e che invece lo vede baluardo anche contro il suo stesso governo, che fornisce armi allo stato di Israele. Non teme giudizi quando scrive questi versi: “La potenza nucleare di Israele minaccia la così fragile pace mondiale” il suo è evidentemente non un attacco ad un popolo, ma ad un’innegabile situazione di invasione e repressione sistematica. Di un mese fa una sua intervista radiofonica nella quale Grass ha di nuovo preso posizione definendo Israele “una potenza nucleare incontrollata” , una “forza di occupazione che ha sfrattato i residenti, trattandoli poi come cittadini di seconda classe”. Gli arabi infatti, così pericolosi da meritare una aggressiva politica preventiva, che parola odiosa, vengono però poi sfruttati e sottopagati in quello stesso territorio che era casa loro. Non dimentica Grass le responsabilità dall’altra parte, nonostante le strumentalizzazioni delle sue parole abbiano cercato di farlo credere, e scrive che il popolo iraniano è “soggiogato da un fanfarone”. Ma Günter Grass che a sedici anni, dico sedici, si arruolò nelle SS, come rivelato da lui spontaneamente visto che agli storiografi questo era passato inosservato, non può parlare, non può denunciare quel che accade. Noi italiani, prima di additarlo come uno sporco nazista dovremmo chiederci se e quali dei nostri avi bambini a scuola abbiano convintamente, in seguito ad un indubbio e odioso lavaggio del cervello, fatto almeno il saluto fascista. Poiché in questo mondo brutto chi denuncia Israele si vede accusare di voler negare le sofferenze atroci di quel popolo e la Shoah, e chi come me, convintamente antifascista e, ma non vale quasi la pena dirlo, antinazista, non deve per questo esimersi dall’ergersi contro il genocidio che si consuma nei confronti del popolo palestinese. L’intellettuale tedesco urla perché gli stati tacciono, primo fra tutti l’America che guarda placida, essendo troppi gli interessi economici in gioco. Non sono parole di pace? Forse no, non lo sono, ma sono parole vere e chiare. Non è forse vero che l’autodeterminazione è un principio riconosciuto internazionalmente? Non è forse vero che i popoli costretti reagiscono con atti di guerriglia? Tutto ciò non rappresenta una giustificazione, il terrorismo non è perdonabile ma è spiegabile. Perciò non dobbiamo chiudere gli occhi, e tacciare un uomo di antisemitismo se, pur essendo tedesco, pur avendo un passato terribile, ha il coraggio di parlare. E se non a Grass allora proviamo a dare ascolto a Nelson Mandela che ha definito la questione palestinese come “la più grande questione morale dei nostri tempi”.
E ora la nuova tregua, bene, ma non dimentichiamo che una tregua è solo una pausa tra una morte e l’altra.