È merito di Voltaire, un merito non comune ai suoi contemporanei, se abbiamo capito definitivamente che non è possibile fare Storia senza critica, critica dei documenti, delle fonti e dell’attendibilità di quest’ultime. Avere idee precise sulla conoscenza storica e sui suoi strumenti. Distinguere i racconti favolosi da quelli eroici e storici, non farsi ingannare dalla suscettibile tradizione orale, diffidare dei cronisti non contemporanei agli eventi. In perfetta coerenza con sé stesso, valutava la veracità narrativa di un Erodoto o la scrupolosità analitica di un Tucidide, le fonti di Tacito e Fabio Rustico, ed è stato un acerrimo nemico dello stile persuasivo, ricercato e scolastico, perché scrittore sempre arguto e dissacrante, iconoclastico e a suo modo blasfemo.
Spesso l’eccessiva metodologia critica dell’opera di Voltaire è stata valutata sotto un’ottica negativa, osservazione probabilmente figlia di una cultura imperiale, ossequiosamente conformista ed estremamente superficiale. Voltaire ha certamente demolito molto, forse troppo, ma è stato un grande stimolatore d’animi, un precursore, un intellettuale sempre in rotta di collisione con la morale e le convinzioni dell’umanità, un catalizzatore di idee realizzabili in benessere. La filosofia di Voltaire non poteva fare a meno di una base storica e la stesura del Dictionnaire philosophique, pubblicato per la prima volta nel 1764, estinse il debito che il grande pensatore sentiva di avere coi tempi moderni, illuminando filosoficamente il passato e traghettando il pubblico verso nuove scoperte.
Senza troppi scrupoli affondava, con mordente capacità dialettica, chi non dava troppo credito alle sue affermazioni, quando denunciava una tradizione che andava contro le leggi della natura, della ragione e della coscienza. Respingendo la dottrina della creazione, è riuscito a dimostrare un atavico passato di antropomorfi, primi uomini che si riunivano in gruppi, esseri incolti e brutali che, dopo secoli e secoli, sono riusciti a creare un articolato linguaggio, delle vesti, delle capanne e a fabbricare arnesi in metallo. Per paura della fisica e delle leggi naturali hanno creato una religione e le prime forme di culto. Vari secoli dopo sono nate le prime società, tutte rette da una base autocratica, governate da un’oligarchica o da un regno di discendenza divina. Cina, India e Persia sono i primi esempi di grande civiltà. Da questi paesi è nata la Fisica intesa come osservazione dei fenomeni naturali, l’Astronomia o osservazione dei corpi celesti e le altre scienze matematiche. Poi la più autentica tra le religioni, il Teismo, fondata da sacerdoti filosofi, bramini e saggi cinesi. I popoli più recenti sono i fenici, considerati come i veneziani dell’antichità, e gli egiziani. Dalla loro comunione nasce la Grecia, patria di grandi legislatori. Segue l’Impero Romano, che conquista il mondo col suo patriottismo. Resta da sottolineare la grande simpatia che Voltaire nutriva per la cultura greca, superiore a tutte, anche a quella romana, perché forgiata dai più grandi filosofi, artisti e civilizzatori del mondo antico.
Non poteva mancare l’attacco ad ogni forma istituita di religione, in modo particolare al Cristianesimo e al suo testo sacro, la Bibbia. Oggi è impossibile immaginare, data la differente sensibilità culturale, a quale grado d’ingenuità e di assurdità potevano giungere in Francia i commentatori della Bibbia e il loro sforzo di giustificare l’assoluta infallibilità del suo significato letterale. Voltaire ha semplicemente coperto di ridicolo il libro. Tutto ciò che nella Bibbia veniva definito come vero, profondo e rispettabile è stato distrutto, massacrato dall’estro ironico e mirabolante del pensatore francese, mettendo in mostra tutte le contraddizioni, tutte le impossibilità storiche e scientifiche, tutte le oscenità, insomma tutta l’umanità del testo sacro. Le azioni e il linguaggio dei profeti non lo sorprendevano: la Bibbia è attraente quanto l’Odissea, Gesù è la versione martirizzata, poi divina di Socrate.
In verità Voltaire ha sempre evitato di definire la sua idea di divinità, rifugiandosi in una specie di Panteismo del tutto personale. Il mondo è eterno e necessario e Dio è dappertutto. In una pulce c’è il divino. Dio non è un Demiurgo, creatore dell’Universo, ma è principio della Morale, ed è necessario ad Essa non come sanzione, ribaltando la dottrina cristiana del peccato e della colpa, ma come fondamento.
In un’opera vasta per contenuti ed ambizioni come questa non poteva mancare il concetto di Libertà, che per Voltaire era di primaria importanza e che possiamo definire come il primo motore della sua filosofia: libertà delle persone, la schiavitù è contro natura; libertà di parlare e di scrivere, anche su Politica e Religione; libertà civile; libertà di coscienza; sicurezza della proprietà; libertà di lavoro.
Resto dell’ineluttabile idea che, mentre passeranno mode e costumi, epoche e culture, mentre impotenti le generazioni umane tramonteranno, il problema della Libertà risulterà essere imperante e incorruttibile anche nei secoli a venire, così come il coraggio, la voglia di rinnovamento, la lucidità e l’onestà intellettuale di uno dei più audaci pensatori di tutti i tempi.
Per saperne di più:
profilo biografico sull’autore https://www.letteratu.it/2011/01/dio-esiste-ma-e-diverso-dal-solito-voltaire/