Occhi aperti nessuna luce. Tese le orecchie a captare segni. Inesistenti.
La memoria lanciava disparati disperati frammenti che non riuscivo a ricomporre.
La realtà, se tale era il fluido muto in cui galleggiavo senza peso, profumava di nulla.
Unica reliquia dei miei sensi – incantati, confusi? – il gusto.
Che mi rimandava un sapore aggressivo, dolciastro, disgustoso.
Glassa alla fragola.
Come ci era arrivato sulla mia lingua?
Io odio la glassa alla fragola.
Flash dei miei neuroni in pappa. Forse la festa di ieri sera.
Festa a sorpresa. Compleanno.
Il mio.
Alberto non sapeva nemmeno i miei gusti. Tant’è vero che aveva ordinato l’unica torta che non mi piacesse, quella alla fragola. Per di più con quella glassa zuccherosa. Una smanceria per papille gustative che poi ti dà la nausea.
Come il mio amore per Alberto. E l’avevo capito proprio ieri sera.
Era successo dopo le candeline. Dio, che cosa idiota. Dopo il taglio della torta.
Non vedevo l’ora che finisse, quella pagliacciata. Alberto aveva invitato gente con cui non avevo niente in comune. Le uniche persone di cui m’importava qualcosa mi avevano vista sperduta, quasi allucinata. L’avevano attribuito all’emozione, forse. Solo Andrea mi s’era avvicinato con un’espressione implorante e preoccupata. Quando un ex ti chiede come stai c’è qualcosa che non va ti vedo strana mentre il tuo ragazzo ride e s’ingozza ti cominci a chiedere se hai fatto bene a mollarlo.
«Non ti preoccupare, sarà lo spumante… Mi gira un po’ la testa».
Andrea mi aveva fissata come se non mi credesse.
Mi ricordo solo la porzione di torta che Alberto mi aveva rifilato a forza – la festeggiata sei tu, e che cavolo, non fare sempre la difficile – poi più niente
(continua)