Si il Führer decise di dominare il mondo con le parole. «Non sparerò mai un colpo», decise.
«Non ce ne sarà bisogno». Non si può dire che non fosse un temerario: almeno questo concediamoglielo. Tuttavia non era neppure uno sciocco, niente affatto. Il suo primo piano d’attacco consisteva nel seminare parole nel maggior numero possibile nel suo Paese. Le seminò giorno e notte, e le coltivò.
Le guardò crescere finché, alla fine, in tutta la Germania si potevano vedere grandi foreste di parole …Era una nazione di pensieri coltivati”
Liesel aveva nove anni la prima volta che avvertì la morte. La vide sorvolare la sua testa per prendersi l’anima di suo fratello. Qualche giorno più tardi rubò il suo primo libro.
Ma gli occhi che raccontano la storia di Liesel Meminger, bambina tedesca nella Germania Nazista, non sono quelli di un narratore qualunque.
Markus Zusak ha scelto accuratamente la prospettiva della sua storia, puntando sull’unico punto di vista possibile: La Morte.
Affascinata dalla curiosità della bambina verso le parole, la Morte si sofferma sulla sua storia, rubandole i segreti della vita.
Costretta a vivere in una famiglia adottiva, Liesel supera gli incubi del primo incontro con la Morte grazie alle attenzioni del padre adottivo. Sarà lui ad insegnarle a leggere le parole di quel primo libro rubato, raccogliendo la sua anima senza radici nelle note di una fisarmonica su cui ricade il peso di un conto in sospeso. E’ il pegno che Hans Hubermman paga per aver preso casualmente la vita di un ebreo, nella prima Guerra Mondiale.
Quel pegno verrà pagato qualche anno più tardi, quando Hans si troverà a nascondere il figlio di quell’uomo nella sua cantina.
È la follia della Germania Nazista, dell’odio, e della fine della ragione.
Ma Markus Zusak non cade nella retorica, non segna confini netti.
Racconta i colori della Morte, la tragicità dell’inevitabile, mostrando l’umanità nascosta in un paesino roccaforte del Führer .
Come un giocoliere, maneggia perfettamente i fili che tengono incrociati i destini dei suoi personaggi, rendendoli non solo profondamente umani, ma tanto profondi da risultare impalpabili.
Con astuzia Zusak utilizza un linguaggio semplice, quasi infantile in certi tratti, per permettere al lettore di entrare nell’oscurità della storia con facilità.
I libri salvano Liesel, non la violenza o la rabbia. Diventa la “ladra di libri” per placare la sete di vita.
Contrasta Hilter con la sua stessa arma: le idee.
Le parole delle pagine che legge segretamente si espandono, coprendo il rumore della guerra, germogliano ridando vita al ragazzo ebreo che ha dimenticato di essere vivo.
Con una sensibilità leggera come una piuma, Zusak racconta una storia che sembra uscire fuori dalle pagine.
In questo periodo in scena nei teatri di Chicago, potrebbe esserci una nuova vita per una storia che ancora non stanca nella sua lettura.