Novella appartenente all’antica mitologia greca, narrata nell’ottavo libro delle Metamorfosi di Ovidio. Una storia che racconta il vero amore di due anziani che vissero fino all’ultimo respiro la loro intenso idillio. Simbolo di fedeltà coniugale e di estrema devozione, questa favola ovidiana mostra l’immagine di un amore che non invecchia, che cresce e matura ma che non si estingue. In un tempo in cui gli dei smaniavano ancora esperienze terrene, e in loro era vivo il desiderio di giudicare gli uomini, Giove e suo figlio Ermes, travestiti da mortali, si presentarono in una città della Frigia (una regione dell’odierna Turchia) per valutare la bontà degli uomini. A causa del loro aspetto povero e misero nessun abitante della Frigia fu così gentile o cordiale da invitarli ad entrare.
“Una sola dimora infine li accolse, piccola davvero, coperta di paglia e di canne palustri, ma lì, uniti sin dalla loro giovinezza, vivevano Bauci, una pia vecchietta, e Filemone, della stessa età, che in quella capanna erano invecchiati, alleviando la povertà con l’animo sereno di chi non si vergogna di sopportarla.”
In tutta la scena ospitale e di accoglienza verso gli dei trapela la tematica più importante dell’intero mito. L’uomo che nonostante le misere condizioni accoglie il prossimo, l’uomo che sopporta con eroico stoicismo la sua condizione di sofferenze e di mancanze. Un uomo che diventa superiore al dio perché sopravvive alle inerzie della vita, quelle stesse inerzie che gli dei non conoscono. Con struggente umiltà Filemone e Bauci preparano un banchetto per i loro ospiti, li aiutano a trovare ristoro, gli cedono i loro vecchi letti e gli offrono quel poco cibo di cui dispongono.
“Si sdraiarono. La vecchietta, con veste tirata un po’ su e tremolante, apparecchia la tavola, ma uno dei tre piedi della tavola era più corto: un coccio la rese pari; dopo che questo, infilato sotto, tolse la pendenza, e il piano viene poi ripulito con foglie di fresca menta.”
Attraverso alcuni prodigi gli dei svelano la loro vera identità; Filemone e Bauci iniziano a pregare a scusarsi per la “modestia delle vivande e dell’imbandigione”. Cercano di sacrificare la loro oca, simbolo del loro piccolo patrimonio, ma gli dei lo proibiscono. Giove e Ermes puniranno il popolo, le case verranno inondate e la città distrutta, ma solo i coniugi Frigi avranno la possibilità di salvarsi. I due anziani seguono gli dei in cima al monte con lentezza e stremati dagli anni. La città viene sommersa, ogni cosa scompare ai loro occhi tranne la loro umile dimora. Quest’ultima si trasforma in un tempio meraviglioso e gli dei concedono ai coniugi una qualsiasi richiesta.
“Allora il figlio di Saturno dalla placida bocca mandò fuori queste parole: “Dite, o buon vecchio e tu, donna degna di un giusto marito che cosa desiderate?”
Filemone e Bauci chiesero di essere custodi del tempio e poiché la loro vita la avevano vissuta in così tanta armonia, aggiunsero che avrebbero voluto trovare la fine nello stesso istante: “…ch’io mai non veda la tomba di mia moglie e mai lei debba seppellirmi.”
In questo tempio rimasero molto a lungo, sempre insieme e innamorati come fosse il primo incontro finché, “Consunti dagli anni e dall’età, mentre stavano davanti alla sacra gradinata, narrando la storia del luogo, Bauci vide Filemone coprirsi di fronde, e il vecchio Filemone vide Bauci fare la stessa cosa. E mentre sui due volti cresceva la cima, si rivolgevano scambievoli parole, finché fu loro possibile: -Addio amore mio- dissero insieme e insieme la corteccia come un velo coprì i loro volti facendoli scomparire.”
Nel medesimo istante si trasformarono, loro che nella vita erano stati un’unica cosa, neanche la morte riuscì a dividere. Alfred de Musset scriveva che “La vita è un sonno, l’amore ne è il sogno, e avrete vissuto se avete amato”. Filemone e Bauci nonostante la povertà e l’umile condizione trovarono nel loro amore un’ancora di salvezza che gli donò comunque quella felicità e quella serenità , che dovrebbe essere concessa a qualsiasi uomo.