È ritenuto “padre della Storia”, e probabilmente non a caso, Erodoto: per le sue conoscenze sul mondo orientale, per la sua concezione universale di Storia, per il suo modo così libero di raccontarla, e soprattutto per il suo metodo, precursore della storiografia moderna, attento a porsi delle domande e nel cercarsi le giuste risposte, facendo ricerche, analizzare le fonti e giudicandole, particolarmente sensibile anche alla dimensione religiosa dell’uomo, pur tuttavia conscio della sua solitudine nel Cosmo.
Diviso in nove libri, Le Storie è il progetto che ha costellato l’intera sua vita, un’opera dalle dimensioni straordinarie, esempio perfetto e paradigmatico di cosa sia stata la letteratura antica.
Lo scopo dello storico, secondo Erodoto, è quello tanto vasto quanto irrealizzabile d’impedire che il passaggio dell’uomo, e della sua grandezza, possa cadere nell’oblio. Unita a questa grande ambizione l’idea di raccontare i motivi per i quali Greci e Barbari si sono affrontati, riferendosi in particolar modo al conflitto greco-persiano.
Nel Proemio si accenna allo scontro Europa-Asia ed al conflitto che da sempre oppone i Greci ai Barbari. Da lì ha inizio la grande narrazione: da Creso che s’impossessa delle città greche dell’Asia minore, al regno di Cambise e della sua trionfale spedizione in Egitto; dall’ascesa al trono di Dario alla concezione trinitaria del governo ideale: democratico, oligarchico e monarchico; dalle conquiste espansionistiche di Dario alla rivolta ionica, fino alle spedizione persiana in Grecia, la battaglia di Maratona e le vicende militari e politiche di Sparta. Gli ultimi tre libri narrano lo scontro decisivo e tutte le sue battaglie più significative, come quelle di Termopili, Artemisio, Salamina, Platea e Micale, fino alla grande vittoria dei Greci sui Persiani che segnò profondamente il mondo ellenico. Il grande affresco si chiude con la presa di Sesto da parte dei greci nella battaglia di Micale.
Erodoto, per le sue straordinarie dote narrative e per il grande stile, oltre all’ampiezza enciclopedica dell’opera, può essere considerato una sorta di aedo in prosa eccezionalmente dotato: grazie a lui per la prima volta la scrittura diventa anche lo strumento ideale con il quale viene riportato un vasto patrimonio di tradizioni, racconti, miti, interagendo con tutto questo materiale e superando la sua frammentarietà con una storia grandiosa ed organica che ha coinvolto tutto il mondo greco. Inoltre ha maturato la consapevolezza del suo ruolo attraverso un lungo e travagliato processo da etnografo, un geografo viaggiatore che, sulla scia delle ricerche nell’ambiente culturale ionico, ha indagato popoli stranieri scrivendo monografie, come quelle sul popolo egiziano o sugli Sciti. Quindi un grande viaggiatore che ha messo per iscritto tutto quello che ha visto nel corso della sua vita, capace di abbinare la casualità e il relativismo delle fonti orali con scrupolose analisi, profonda conoscenza del suo orizzonte culturale e sapiente scrittura.
Nell’occuparsi di temi complessi con un materiale incredibilmente vasto, Erodoto è guidato da un atteggiamento equilibrato che non nasconde una certa sensibilità verso le vicende umane, profondamente religioso e spinto da una fortissima tensione etica. Alla base dell’opera e della visione erodotea del mondo vi è la fragilità umana, in balia del Fato e della volontà divina. Molte delle storie nel corso dell’opera sono incentrate sulla misura e sulla necessità dell’uomo di non spingersi oltre, perché non tutto può essere spiegato, né la guerra, né la violenza, tanto meno la morte.
Ed è questo fatalismo che accompagna la lunga carrellata d’impavidi guerrieri che Erodoto ci racconta nelle sue pagine con brillante intelligenza, consegnandoci un’inestimabile tesoro di tutta la cultura antica, faro dell’età moderna.