Antonio Pennacchi nasce come scrittore a 36 anni., il 3 Novembre del 1986 quando la sua penna stilografica traccia su carta i primi dialoghi di “Mammut” il suo primo romanzo. Narratore storico, poeta civile, il suo impegno letterario nasce per e dalla sua città : Latina. Città che gli ha dato i natali nel 1950 dopo che i suoi genitori, padre Umbro e madre veneta, vi si trasferirono per lavorare come coloni all’indomani dei proclami mussoliniani per la creazione di una nuova grande fucina agricola del Paese.
Latina, fondata Littoria, si estende su quell’Agro Pontino infestato dalla malaria e brulicante di paludi ed acquitrini che hanno mietuto quasi più vittime dei prodotti raccolti. L’iter formativo e letterario di Pennacchi è stato sicuramente fuori dal comune. Appassionato di letture e scrittura sin da bambino, ha lavorato come operaio in una fabbrica , la Fulgorcavi, per circa 30 anni. La passione per la politica lo porta tra gli anni “70 ed “80 a militare attivamente nei movimenti e lotte operaie con varie sigle sindacali: PSI, CGIL, UIL per poi passare dal MSI al PCI e fino lasciare l’impegno politico attivo alla fine degli anni 80, quando avvertì la necessità di raccontare. Così, trasformando un periodo di difficoltà lavorativa in opportunità, Antonio Pennacchi si iscrive alla Facoltà di Lettere della Università degli Studi la Sapienza laureandosi brillantemente dopo pochi anni. Da quel momento l’esigenza di lasciare traccia dei racconti della sua famiglia e dei suoi compagni operai prende forma nel primo romanzo, “Mammut” di cui si diceva prima. Si può definire un romanzo operaio perché racconta la vita in una Fabbrica. Un racconto che intreccia, sulla scorta della narrazione di vicende di vita quotidiana di un gruppo di lavoratori, i principali eventi politici, sociali ed economici che hanno scosso l’Italia dalla primavera sessantottina sino alla abrogazione della Scala mobile (1984-1989). Mammut è un libro scritto da un ex operaio per quei compagni che in qualche modo hanno accompagnato la sua gestazione di scrittore dopo la lotta sindacale. “io sono nato guerriero- afferma – e poi scrittore al servizio della lotta” .
Rivisitato per circa 9 anni, rifiutato 55 volte da 33 editori, il grande pubblico conoscerà Mammut grazie all’editore Donzelli solo nel 1994. Da allora la sua esigenza di raccontare storie non ha conosciuto soste ed in pochi anni Pennacchi scrive altri importanti romanzi. Il 1995 è l’anno di Palude, vincitore del Premio Letterario Pisa. Storia di Bonfiglio Ferrari , amico dello scrittore, e della sua vita da operaio nella città di Latina. Un libro in cui si avvicenda il racconto ironico e struggente della vita dei ragazzi delle paludi con la ricostruzione della storia dell’Agro Pontino bonificato da quelle famiglie venete che, per sfuggire alla fame rincorsero il miraggio di una esistenza migliore. E’ stata poi la volta di “Una nuvola rossa”, 1998, racconto ispirato ad un vero fatto di cronaca, l’assassinio di una coppia di fidanzatini a Cori, nei pressi di Latina. Nel 2003 viene pubblicato da Mondadori il libro che sarà il suo primo bestseller: “Il Fascio comunista .Vita scriteriata di Accio Benassi”, vincitore del Premio Napoli e vincitore al Cinema con la libera trasposizione di Daniele Lucchetti in “ Mio fratello è figlio unico” con gli attori Elio Germano e Riccardo Scamarcio. La storia di Accio Benassi è la storia dell’Italia dai primi anni del secondo dopoguerra sino agli anni “70; caratterizzata da instabilità politica e sociale, ricerca di emancipazione che si scontra con la semplicità e l’ingenuità di un ragazzo di Latina che proviene da una famiglia operaia e che tenta la scalata sociale. Lo stile di Pennacchi si basa su un linguaggio spesso colorito, dialettale ma pur sempre vicino alle realtà a lui care poiché , come si diceva, la narrazione parte da fatti, persone, conoscenze acquisite dal racconto orale e da fonti scritte ma spesso esperite direttamente. Il linguaggio è quel dialetto dei coloni centro settentrionali che, fusosi con il dialetto laziale si è trasformato in una lingua diversa dal friulano, dal veneto, umbro e romanesco priva di una grammatica che ne connotasse l’identificazione.
Come Catone il Censore, Pennacchi crede fermamente nella massima “rem tene, verba sequentur”, ossia che bisogna da partire da un concetto, una realtà di cose perché le parole verranno dopo. Non solo i romanzi ma anche molti saggi ed articoli entrano nel novero della produzione pennacchiana. Sempre ispirati alla storia civica e politica dell’Agro Pontino, tra il 2005 ed il 2008 ha scritto “Viaggio per le città del Duce”, “l’autobus di Stalin”, “Shaw 150. Storie di fabbrica e dintorni”. Per Limes, Nuovi Argomenti, MicroMega,Nouvelle Revue Francais scrive di stile e questioni linguistico-letterarie.
Nel 2010 il nostro scrittore approda alla fase aurea del suo stile attraverso la summa delle sue fatiche letterarie di cui scrive: “Bello o brutto che sia, questo è il libro per cui sono venuto al mondo. Fin da bambino ho sempre saputo di dover fermare questa storia – le storie difatti non le inventano gli autori, ma girano nell’aria cercando chi le colga – e raccontarla prima che svanisse. Nient’altro. Solo questo libro.” Stiamo parlando del romanzo che lo ha impalmato vincitore del Premio Strega 2010: “Canale Mussolini”. E’ davvero questa l’ opera in cui ha riversato la sua formazione letteraria e che a 60 anni lo ha fatto conoscere al grande pubblico letterario. Canale Mussolini prende il nome dal primo canale costruito per la Bonifica e fortemente voluto dal Duce e che è situato a poche centinaia di metri dalla casa dello scrittore . Questo romanzo, che alcuni paragonano per la complessità stilistica e narrativa ad un’opera manzoniana, è una epopea familiare, un romanzo storico . Un’opera che mescola gli elementi del magico religioso, delle tradizioni e superstizioni popolari con gli eventi che hanno turbato e dominato la scena Italiana dal primo decennio del XX secolo sino alla fine del secondo conflitto mondiale.
La storia della famiglia Peruzzi , raccontata da una voce narrante che al termine del racconto si svela come uno dei suoi componenti, è una intricata e spesso dolorosa vicenda umana che è comune alle sorti di molte delle popolazioni del nord est che emigrarono nell’Agro Pontino per lavorare alla bonifica delle paludi, divenendo merce di scambio dei grandi latifondisti laziali spesso di origini nobiliari. Per questo romanzo, Pennacchi si è ispirato non solo a fonti orali familiari ma anche alla tradizione letteraria. Egli stesso dice di essere debitore ad opere quali “Il Mulino del Po” di Riccardo Bacchelli ed “Il placido Don” di Šolochov che narrano di esodi epocali ed epopee familiari. Anche la tradizione sudamericana di stampo magico-religioso come “Grande Sertao” del brasiliano Joao Guimaraes Rosa ha dato elementi di ispirazione per la stesura di Canale Mussolini.
Per Pennacchi scrivere è la riscossione di un debito che ciascuno di noi contrae con la propria famiglia di origine e l’intera società . Tutti hanno una storia da raccontare intrisa di lavoro, orgoglio, lotta, amore, talvolta magia. Raccontarla introducendovi tecnica e sapienza letteraria, ne fa letteratura.