Ciò che VOGLIO spingervi a fare, è dire: “Sono una Femminista”. Preferirei che vi metteste in piedi su una sedia, e gridaste “SONO UNA FEMMINISTA”- ma questo è semplicemente perché credo ogni cosa sia più eccitante se si sta in piedi su una sedia.”
“Premetto, io odio il femminismo…”. Leggere i commenti al libro di Caitlin Moran, è esilarante almeno quanto leggere il suo romanzo.
Perché si senta la necessità di chiarire una posizione politica e sociale, prima di commentare un libro, questo è un mistero facilmente risolvibile, ma la risposta spetta alla coscienza di ognuno.
È un fatto curioso, però, e soprattutto prova che questo libro colpisce nel segno. Quasi sembra di sentire il rumore della pistola, e il tonfo de lettore inebetito che cade a terra.
Perché Caitlin Moran è divertente, brillante, acuta, e le sue parole ti tramortiscono come una raffica di mitragliatrice che non ti lascia neanche il tempo di metterti al riparo.
È il “nuovo” femminismo, perché di ondate, come lei stessa afferma, forse è il caso di non parlarne più, o rischiamo per davvero di ridurle ad “una marea che sale”.
Se la prima ondata ha portato al voto, e la seconda alla rivoluzione, lo si deve ammettere, ci si è un po’ perse per strada. La rabbia è diventata una costante, e le convinzioni si sono radicate tanto da impedire di guardare all’insieme. Perché il sessismo, la mano gigante del patriarcato, è ancora presente, anche nel Mondo Occidentale dotato di via cavo e illustri politici donne.
Moran tenta di alleggerire il peso, di fare un passo avanti, oltrepassando la staticità delle discussioni mandate in onda dalla BBC in terza serata (la BBC, ovviamente, non la TV Italiana, che oltrepassa il problema ignorandone totalmente l’esistenza).
E lo fa con un linguaggio nuovo, fresco, ricco di citazioni dal mondo moderno, un linguaggio che definirei “nudo”, perché è sé stessa che descrive.
Dalla masturbazione, ai desideri sessuali, all’insicurezza sul proprio corpo, passando persino per l’aborto, Caitlin Moran si spoglia davanti ai nostri occhi, senza inutili pudori: “Volete che vi descriva come si diventa donne? Bene….ecco la mia vita!”.
Riflessioni, accuse, citazioni di Germaine Greer in cui si evidenziano le forze e i difetti del femminismo nel XXI° secolo, ogni discussione viene affrontata con ironia, perché il messaggio arrivi forte e chiaro al destinatario.
Lo sa bene Moran, che non basta un voto e qualche diritto messo per iscritto per poter gridare “Ecco! Ci siamo….ora siamo pari!”.
Ci vuole molto di più, ci vuole la comprensione di un passato invisibile, la capacità di accettare che la diversità è ciò che rende complementari, ma prima di tutto ci si deve armare per affrontare un nuovo nemico, più subdolo, che nasconde dietro l’accettazione nuovi e più intricati mezzi di sottomissione.
Moran fornisce una soluzione pratica ed immediata al problema del sessismo e della sottomissione, un paio di semplici ed efficaci domande. “Un uomo dovrebbe fare questo?”, “Ad un uomo sarebbe richiesto questo?”. Bene, se la risposta è no, siete state frodate mie care!
Personalmente, trovo il titolo italiano in contrasto con il senso del libro, Moran ribadisce più volte come la potenza del sesso femminile sia un punto centrale, e il riferirsi all’uomo “per essere una donna” ne evidenzia, a mio parere, contrariamente la debolezza.
“How to be a woman”, come diventare una donna, come prendere coscienza di sé, salendo su una sedia e gridando “Sono una femminista”, perché questo è un passaggio fondamentale, necessario come dire “Ti amo” o “Non tagliarmi la frangia!”.
Per questo si deve rispolverare la concezione di femminismo, renderla accessibile a tutti, e gridarla a noi stesse senza vergogna, senza inconcepibili premesse.