Ho deciso di improntare la mia vita alla tranquillità, al vivi e lascia vivere. Ho deciso di scegliere di rimanere imperturbabile di fronte agli alterni avvenimenti della vita. Concentrazione ma distacco.
Mio padre mi ha lasciata erede unica. Degli occhi blu. Agli altri tre, buoni fruttiferi, ma vogliamo mettere? Non sono mai stata una fanatica delle vitamine. Neppure dopo aver scoperto il significato pratico di ‘buoni fruttiferi’. Questo la dice lunga sulla mia acquisita flemma.
Il mio nuovo motto è ‘Nulla mi agita, nulla mi scompone. Almeno non fino all’ora di pranzo’. Lo trovo molto Zen. Voglio assistere allo scorrere serafico e tranquillo della mia esistenza come su un fiume pigro sotto il sole d’Agosto, e godermi il panorama. Distacco ma concentrazione.
Orbene, il mio consueto rituale mattutino – le 12.45 rientrano ancora nella fascia mattutina, mi sono informata – prevede tra le altre cose il passaggio obbligato davanti allo specchio della stanza da bagno, dove da qualche tempo una tizia dell’apparente età di quarantasei anni mi fissa con aria interrogativa ma al contempo come di… stupore, ecco, è la parola giusta; ed ho il ragionevole sospetto che continui a farlo anche a passaggio avvenuto. Rimane lì, lo sento, con quell’aria stupida e stupita come dell’asino in mezzo ai suoni, ma accigliata e severa a un tempo, come di rimprovero. Questo accade tutte le mattine. Resta lì fino ad almeno le tre, tre e mezza del pomeriggio, poi se ne va. L’odore del fondotinta la spaventa. Appena svito il tappo di Dior scompare. Qualche volta credo d’averla vista piangere.
Ora, pur essendo prodotto di quella pregevole annata che fu il 1964, la sottoscritta è un’attraente giovane donna di non più di trentacinque anni, dunque sono certa che non si tratti di me: fuori di discussione. Non mi somiglia per niente. Chiunque altro di fronte a questo evento inspiegabile proverebbe quantomeno disagio, o ravviserebbe gli estremi per una denuncia di violazione di domicilio.
Io no.
Non me ne curo. La osservo, ma me ne distacco. Semplicemente mi limito a non darle confidenza. Stesse lì quanto le aggrada con la sua insulsa aria interrogativa; interrogasse quanto vuole: da me non avrà risposta. Prima o poi si stancherà di mantenere quello sguardo idiota e inquisitorio, e se ne tornerà da dove è venuta. Il che, peraltro, non mi interessa neanche un po’. Basta non tocchi niente.
Anche se qualche volta giurerei d’averla intravista indossare i miei gioielli, però in tutta onestà dopo li ho sempre ritrovati al loro posto, e poi, quand’anche? Voglio vederla, trafficare merce trafugata nella quarta dimensione, ah! sarebbe deprezzata almeno dei tre quarti. Forse dovrei provare a spostare in posizione strategica lo specchio? E perché mai. Se poi mi scappa di mano e cade in mille pezzi? Sette anni di guai, e allora sta bene dove sta. Non voglio avere grane con gli specchi.
Continuerò a passare, e qualche volta mi ci soffermerò. La guarderò, mi concentrerò. Butterò una seconda occhiata. Ma poi me ne distaccherò. Coprendo quella superficie menzognera con un lenzuolo bianco. Tattica dello struzzo? No.
È Zen, e chi s’è visto s’è visto.