Per certi viaggi non si parte mai quando si parte. Si parte prima.
A volte molto prima.
Quindici anni fa stavo tranquillo sul treno della vita, comodo, con i miei cari, le cose che conoscevo. All’improvviso Andrea mi scuote, mi rovescia le tasche, cambia le serrature delle porte. Tutto si confonde.
Sono bastate poche parole: “Suo figlio probabilmente è autistico”.
Fulvio Ervas scrive una storia o meglio trasforma in parole qualcosa che gli è stato raccontato: la vicenda di un padre che affronta la malattia del figlio e che insieme a lui intraprende un viaggio verso l’America, senza una meta ben sicura, né un’organizzazione precisa. Tutto per Andrea e per quella sua forma di autismo che non gli permette di essere come tutti gli altri. Franco Antonello decide così, nell’estate del 2010, di prendere per mano il figlio Andrea, arrivare fino a Miami e lì noleggiare una moto Harley Davidson per cominciare questo viaggio on the road a tutti gli effetti.
Per quale motivo il viaggio? Perché l’andare lontano alla ricerca di qualcosa ci porta a scoprire aspetti di noi che non conosciamo, perché lì in quegli spazi immensi, in quei chilometri che sembrano non avere fine, Andrea si trova. Non è scappato da se stesso ma dal mondo che lo circonda: a tre anni lui si costruisce una nuova realtà, vi si rifugia… Ascolta ma non parla, sente ma non reagisce, tocca gli altri, come se fosse l’unico modo per entrare in comunicazione tanto è vero che i genitori decidono di creare delle maglie da far indossare al figlio che portano la scritta: Se ti abbraccio non aver paura.
Andrea rompe gli schemi, Andrea invade gli spazi, Andrea accarezza coccodrilli, abbraccia camerieri e sciamani, Andrea insegna al padre cosa vuol dire lasciarsi andare al mondo, senza limiti, senza freni. Il sapore della spontaneità perché lui, libero dalle costruzioni mentali comuni, interagisce come vuole con la realtà. Il padre comincia a capirlo. Così come comincia a capire che se lascia pezzetti di carta lungo il tragitto è perché di quel viaggio lui conosce la via del ritorno. Quel viaggio che i medici avevano sconsigliato di fare al genitore e al padre, perché un autistico è ingestibile, perché un autistico è strettamente legato alle sue abitudini, alle sue manie, perché un autistico non riesce ad adattarsi ai cambiamenti. Andrea non è così, in questo è diverso, non nella sua forma di autismo. Andrea sorprende il padre, sorprende il lettore, per la sua sensibilità, per la sua profondità….
Fulvio Ervas è stato bravo in questo: nel riuscire a fare tesoro della storia che ha ascoltato, nel riproporla ai lettori con una scrittura fluida e diretta, intensa quanto la vicenda di Andrea. L’autismo resta ancora oggi una delle malattie più sconosciute; è sconvolgente vedere quanto profondo possa essere in realtà il rapporto col mondo di un autistico, quando sembra che da questo voglia fuggire.