Quando sono usciti dal locale con quel vecchio televisore sottobraccio, un’inutile scatola 14” col tubo catodico, sono stati fortunati che fosse notte fonda. Altrimenti tutto il quartiere sarebbe uscito a pigliarli per il culo: in quel buco dalle pareti giallo-abbaglianti c’era una sola cosa che valeva la pena rubare, ed erano le mani di Sasà.
Per un curioso cortocircuito letteral-geografico, la migliore pizza napoletana di Torino te la mangiavi a Barriera di Milano: Sasà te la tirava pure dietro, tre euri e cinquanta ‘na margherita con lattina di Grafen Walder, alla faccia della crisi – che allora al massimo poteva essere di nervi.
Sasà si gestiva quel buco senza nome in assoluta autarchia: “Sà, e pigliatelo ‘sto marchio VeraPizzaNapoletana, che fai la pizza da buttarsi per terra!”, gli dicevamo ogni volta. E lui niente, “è ‘na truffa”, ci diceva sempre, “paghi e ti danno ‘stu bollino che vale niente”. Avessimo avuto due soldi, noi ragazzotti che ci stavamo buttando – letteralmente: a corpo morto e taccuino triste – nel mondo lavorativo post-università, beh, ci saremmo entrati in società senza girarci dall’altra parte. Gli avremmo affittato il miglior negozio disponibile su Via Po. Ci saremmo giocati la Play di Marco con tutto PES4 e i gironi degli Europei e noi Gilardino fanculo che ce lo portiamo, tutto ci saremmo giocati che Sasà avrebbe vinto la coppa dei pizzaioli, altro che quel nippo che sbanca ogni anno. Sasà che gli avevano lanciato i denti in bocca col superattak, ma non aveva gli occhi per piangere, figurati per un dentista. E noi, un friulano e un napoletano verace, avessimo potuto gli avremmo pagato pure quello.
Insomma, ‘sti quattro stronzi gli han rubato il televisore. Beh, ma con le pizze che fa figurati chi se l’incula il televisore. Tre e cinquanta margherita e Grafen Walder e se te la sciali cinque e settanta salsiccia e friarielli che Barriera di Milano è la nuova Mergellina.
E invece, passa tre mesi e Sasà ci chiude. E ci lascia lì, che la Grafen Walder non la beviamo più. E pure Gilardino fa discretamente cagare.