All’inizio era il verme. Una virgola viva.
Tra le forme viventi, quasi quasi, spariva.
La ciliegia lo espulse, adirata, deduco,
da un microvermetto più ghiotto di un bruco.
Il mille e più piedi, senza più un solo amico,
frantumò un po’ il terreno, umidoso lombrico.
L’ortolano oculista l’osservò da vicino:
“Ha le gambe e due occhi: non sarà un orbettino?”
Poi fu vipera killer, morte a squame che striscia,
tra le canne inondate, un’acquatica biscia.
Poi la serpe si perse tra ben aspre persone,
si inasprì di spavento: diventò un bel pitone.
Disperdendo speranze ritornò a notte fonda,
diffondendo ondeggìo e diventò un’anaconda.
Ancorandosi ad un’onda con la coda e un rampino
si allungò a dismisura: un serpente marino!
Giù dal mare profondo, su nel cielo sereno
riempe tutto l’azzurro come un arcobaleno.
Al ronzar d’una mosca, al variare del tempo
muta metri e colori. E d’angoscia mi riempo.
E’ già un metro per cento. Poi per mille. Poi ancora.
Cresce ad ogni minuto. Si dilata ad ogni ora.
Può succeder di tutto, le varianti son tante,
ma ormai quel vermetto è infinito e inquietante!
Ma se un giorno, per caso,
tu vedessi un vermino,
avanzante ondeggiando,
su un ciliegio o un susino,
che sia strisce o a puntini,
che sia brutto o sia bello,
non schiacciarlo, ti prego…
…non è detto sia quello!!!