Nell’ultimo mese il Web, in una ridda di voci tra fans, scommettitori e giornalisti, ha fatto i nomi di cinque grandi finalisti: Dacia Maraini, Andrea Camilleri, Cees Noteboom, Cormack Mc Carthy e Haruky Murakami.
Per alcuni di loro non occorrono certo presentazioni, i loro romanzi sono già leggenda per i lettori più appassionati; vogliamo qui conoscerli meglio in una sorta di virtuale intervista a confronto.
Partirei, con malcelata ammirazione femminile, da Dacia Maraini. La “signora in blu”, così ama lei stessa definirsi per quel suo legame a questo colore e a tutte le sue mantriche sfumature, è riuscita ad esprimersi nel corso della sua carriera nel teatro come nella letteratura e nell’impegno poetico senza rischiare di ripetersi. Gran parte delle sue opere ha per protagonista le donne, chi non ricorda “La lunga vita di Marianna Ucria” e “Storia di Piera”? Benché queste storie si concentrino a dare voce a chi è indifeso, l’obiettivo dell’autrice è di ricostruire le fondamenta psicologiche della memoria personale. I suoi personaggi, infatti, hanno continuamente bisogno di rifondare la propria memoria familiare che è spessa trama di un più complesso tessuto di memoria collettiva e storica. Quei mondi, un po’ fiabeschi e disincantati che fanno da sfondo alle sue storie, sono spesso ricordi della stessa Maraini e dei suoi viaggi con la famiglia di origine; il padre Fosco era un eminente studioso del Giappone e la madre Topazia pittrice. Oggi con quei suoi luminosi occhi da “giovane settantaseienne”,la Maraini continua a sperimentare e a portare al suo pubblico tematiche sociali dove lo sfondo psicologico e politico suscita forti emozioni ed appassiona alla sua narrazione; incanta quando parla di ricordi, spaventa e denuncia quando tratta della recrudescenza di tremende realtà, fa amare quando canta l’amore.
Restando in Italia, anzi in Sicilia, un altro dei superfavoriti è Andrea Camilleri. Scrittore, sceneggiatore, regista è spesso alter ego di se stesso prestato alla comicità. La sua intensa e lunga carriera parte negli anni 40, quando al termine della II Guerra Mondiale si trasferisce a Roma e comincia a pubblicare racconti e poesie. Il grande successo, dopo fasi di alterna produttività, giunge nel 1980 quando Camilleri, già sceneggiatore per la RAI e docente alla cattedra di Regia all’Accademia Silvio d’Amico, pubblica con Garzanti “Un filo di fumo”. Si tratta di un romanzo a puntate come piace al nostro scrittore, ambientato in un’immaginaria cittadina siciliana sul finire del XIX secolo. La Sicilia è parte integrante della penna di Camilleri ed è spesso il palcoscenico da cui si muovono le sorti dei suoi personaggi. Di questi il più conosciuto dal grande pubblico è il Commissario Montalbano divenuto nel corso di successive uscite, un caso letterario. Il primo libro che racconta le vicende di questi scanzonato, un po’ sornione, uomo di legge è pubblicato nel 1994 con il titolo “La forma dell’acqua”. Fu poi la volta di “La pazienza del Ragno”, il recente “Acqua in bocca” scritto quest’ultimo a quattro mani con Carlo Lucarelli. Camilleri non è solo Montalbano. Nel corso della sua carriera di scrittore si è dedicato senza prendersi troppo sul serio allo studio dei dialetti siciliani fino a scrivere un’opera interamente in siciliano secentesco con forti connotazioni spagnole: “Il re di Girgenti”. Con piglio deciso, a volte irriverente si è imposto nella letteratura contemporanea italiana per quel suo stile asciutto e scorrevole cui si può anche perdonare qualche velleità alla riproposizione di temi del suo repertorio.
Dal calore della trinacria, la nostra classifica ci porta ai cieli plumbei dell’Olanda di Cees Noteboom. Definito dal New York Times “una delle voci più alte nel coro degli autori contemporanei”, questo scrittore, poeta, saggista, cronista ha inaugurato la sua carriera letteraria con il romanzo “Philip e gli altri”. Sono gli anni 50, un momento storico che tiene con il fiato sospeso l’Est e l’Ovest del Mondo per la Guerra Fredda. Nel romanzo Noteboom diventa precursore della beat generation che nel Kerouach di “on the road” vedrà il suo momento di alto prestigio. Il tema del viaggio è ricorrente nello scrittore olandese soprattutto perché le sue vicende biografiche l’hanno portato a lunghi viaggi e spostamenti dall’Europa agli USA e poi ancora in America del Sud con tappe a più riprese nel vecchio continente per il suo lavoro di cronista. Fu testimone della rivoluzione ungherese del ‘’56, del ‘’68 parigino e nel 1989 raccontò gli ultimi giorni del Muro di Berlino. I viaggi che Noteboom compie vengono da lui stesso analizzati e studiati per poi trasporli nei suoi personaggi, viventi in un mondo in cui l’onirico e la realtà si mescolano, si fondono,infine si distaccano. Romanzi come “Le montagne dei paesi bassi”, un vero e proprio puzzle del tempo, oppure “Mokusei”, storia sottoforma di flash back di un fotografo olandese, o ancora “Verso Santiago”, scritti che raccontano le tappe spirituali e reali del camino a Santiago de Compostela, concentrano i due temi cari all’autore. Il Viaggio, inteso come spettacolo del mondo e della natura che ci circonda con le sue seduzioni e avversità, e il Tempo e lo Spazio percorsi, vissuti e rivisti dai personaggi. Altro romanzo di successo è “Il canto dell’essere e dell’apparire”, ambientato nella Bulgaria dei primi anni 60.La caratteristica narrativa di Noteboom è stata quasi scritta nel suo DNA;per lui stesso essere cresciuto in Olanda, una terra dove il trilinguismo e le fortissime contaminazioni con altre culture spesso in antitesi tra loro, mette continuamente in discussione e ad ambire a modi sempre più oggettivi di perfezione.
Cormack Mc Carthy la sua sfida letteraria con l’Europa in qualche modo l’ha già vinta. Classe 1933, americano del Tennessee, negli USA ha iniziato ad avere successo con alcuni racconti pubblicati su un giornale studentesco. Negli anni ‘’70 con i romanzi “Figlio di Dio” e “Suttree” è acclamato dalla critica come un vero e proprio pilastro del genere Western Thriller. Eppure di lui l’Europa quasi non si accorge finché nel 2005 i fratelli Cohen presentano il film “Non è un paese per vecchi” tratto proprio dall’omonimo romanzo di Mc Cormick. Da qual momento per lui l’ascesa nell’olimpo delle classifiche dei best seller è totale. Sono così rispolverati per il pubblico europeo romanzi come la “Trilogia della frontiera” (“Cavalli selvaggi”, “Oltre il confine”, “Città della pianura”), “Il buio fuori”, “Il guardiano del frutteto”. Nel 2009 un’altra collaborazione con il regista John Hillcast porta al cinema il romanzo “The Road”.Il successo degli ultimi anni, ormai su scala planetaria, non ha impressionato lo schivo scrittore che sembra preferire alla mondanità ed ai proclami di importanti editori, una vita riservata e molto impegnata nella sua comunità in New Mexico dove vive con la terza moglie ed il figlio John.
Infine ma non per importanza, Haruki Murakami il giapponese che sta entusiasmando i media di tutto il globo che e molti considerano già un vincitore morale del Nobel per la letteratura. Nato e vissuto fino alla giovinezza in una famiglia dal fervente anelito intellettuale, il suo futuro sembrava destinato dietro ad una cattedra. Eppure Murakami seppe, ventenne, sfidare il mondo delle convenzioni e la tradizione familiare sposando una giovane coetanea di censo diverso dal suo. Interrotti a fine anni ‘’60 gli studi di letteratura, Murakami si trasferisce da Kobe a Tokio aprendo nella capitale uno jazz bar. Ben presto il suo locale “Peter cat” divenne meta di ritrovo per appassionati di musica e amanti di letture. Negli anni ‘’80 riprende la sua antica passione per la letteratura in special modo di quella inglese e americana. In quegli stessi anni pubblica alcuni racconti che conseguirono un discreto successo di critica. “La fine del mondo e il paese delle meraviglie” gli vale il Premio Tanizaki nel 1985. E’ nel 1987 che viene consacrato scrittore di fama internazionale con la pubblicazione di “Tokio blues,Norweegian wood” il cui successo gli fa decidere di trasferirsi negli USA.
L’impianto narrativo di Murakami si basa sulla ricerca introspettiva compiuta dai suoi personaggi , i quali vagano con lirismo quasi elegiaco dall’indifferenza alla realtà che li circonda alla ricerca di un senso che motivi la propria esistenza. Con tecnica Kafkiana, non a caso Murakami vinse il premio Kafka nel 2006, lo scrittore giapponese racconta le metamorfosi cui la vita dei nostri tempi ci costringe a confrontarci, sperimentando e di volta in volta subendo queste stesse trasformazioni. Lo scrittore giapponese trae ispirazione da mondi fantastici e surreali .Ciascuno dei suoi romanzi ha una la moltitudine di personaggi tutti al centro del racconto,ed il lettore viene portato in un lunghissimo viaggio non privo di perplessità. Le ricerche in campo letterario svolte all’Università di Princeton hanno prodotto numerosi saggi e cronache. Del 1997 si ricorda “Underground. Racconto a più voci dell’attentato alla metropolitana di Tokio”, un saggio sottoforma di documentario che dà voce ai sopravvissuti ed ai parenti delle vittime del terribile attentato del 1995 alla metropolitana di Tokio. L’eco della grandezza di Murakami risuona a partire dall’ultimo decennio con i romanzi “Kafka sulla spiaggia”, e la trilogia di “1Q84” che vuole sorprendere già dal titolo. Quella “Q” non è inserita al caso nel contesto numerale perché è la pronuncia fonetica in giapponese del numero 9. Murakami anticipa al lettore che la realtà si può presentare ai nostri occhi in forma diversa e quel riferimento al 1984 di Orwell sa tanto di un gesto di riconoscenza verso un maestro, un ispiratore.
In questa breve carrellata abbiamo visto confrontarsi stili, percezioni, sensibilità vite umane diverse eppure tutte rilevanti per il lettore che come un caleidoscopio ne diffonde l’intensità.
Ai reali accademici svedesi l’ardua sentenza ma per voi lettori chi sarà il vincitore o il “vostro vincitore”? Segnalatelo su Letteratu.
In senso orario le immagini dei personaggi citati nell’articolo.