In un momento in cui scalano la classifica pessimi libri, grigi, neri e rossi, sul sadomasochismo, decido di leggere un libro sul sesso che ne svela gli aspetti divini e mistici con una scrittura abilissima. Sto parlando di Undici minuti di Paulo Coelho. Il libro, pubblicato nel 2003, è la proposta seria di uno scrittore che decide di romanzare la scoperta del significato sacro del sesso, raccontando la storia di Maria, una prostituta brasiliana.
Fin dall’inizio del romanzo, l’autore traccia i (non)confini di ciò che si accinge a narrare, tra la favola e l’abisso. La storia di Maria inizia a scuola, col suo primo amore perduto, perché lei stessa non ha saputo sfruttare l’occasione di parlare col ragazzino protagonista delle sue fantasie. Da qui comincia la discesa di questa ragazza verso una ricerca dell’amore disperata, arrivando a negarlo a se stessa, preservando per un futuro inconsistente ciò che crede di non poter trovare nel suo triste presente.
Maria viene condotta in Svizzera dal proprietario di un locale e diventa ballerina di samba. Dopo essere stata licenziata per non aver rispettato l’orario (da schiavi) di lavoro, decide che vuole fare la modella. Finisce a fare la prostituta: per scelta o per caso?
Scopre ben presto che il mondo gira intorno a qualcosa che dura solo undici minuti: l’atto sessuale. Lucidissima, capisce che nella civiltà l’oggetto della sua professione, il sesso, è trattato in modo sbagliato: è stato perso il senso mistico di quell’atto, ridotto a una routine e, contemporaneamente, a una fuga dalla routine stessa. Affranta dalla solitudine, un giorno entra in un bar, beve un caffè, paga, e, mentre sta per uscire, un uomo la ferma, chiedendole se è disposta a farsi ritrarre. “Nel rispondere, Maria creò quel legame che mancava nell’universo”: scopre l’amore e, finalmente, il significato sacro del sesso.
Coelho crea un incantesimo, dà vita a un personaggio così reale che quasi ne sentiamo l’odore, la voce, ne percepiamo i languidi movimenti mentre leggiamo. La trama è coinvolgente; la descrizione del sesso è concreta ma spesso quasi lirica. Mai scivola nella volgarità, mai queste parti sono noiose e pesanti. L’unico difetto che ho riscontrato è l’atteggiamento da maestra, un po’ pedante, che Maria assume quando parla agli altri o quando scrive nel suo diario, tentando di dare forma alla sua concezione dell’amore e del sesso. Tuttavia, lei stessa ammette di comportarsi da insegnante e assume consapevolmente il tono da maestrina, esplicitando al massimo grado sensazioni e impressioni che, personalmente, avrei preferito cogliere dalla situazione e dal contesto, come inserzioni implicite tra le righe dedicate alla sensibilità propria di ogni lettore.
Complessivamente, è un ottimo romanzo, consigliato soprattutto ai miei coetanei (ventenni), perché, ahimè, la nostra generazione troppo spesso lascia alla televisione, alla società, alla pessima letteratura l’interpretazione del sesso, la quale, piuttosto, dovrebbe essere dentro ognuno di noi, personale e magica.