Non ho mai preso eroina in vita mia, ma ricordo perfettamente quello che i miei genitori mi hanno raccontato in proposito. L’eroina è una cosa che provi una volta, e non ti sembra granché. Poi la provi la seconda volta, e comincia a piacerti. Dalla terza in poi credi di potertene liberare, ma un bel giorno ti svegli e te ne ritrovi schiavo. Ecco. A prescindere dal fatto che non penso i miei genitori abbiano mai assunto eroina, questo è esattamente quello che accade quando si comincia a scrivere. O perlomeno, questo è quello che è successo a me.
Sono quattro anni, circa. Anzi, saranno quattro anni fra un paio di settimane. Potrei fare finta di non ricordarmi quando ho cominciato e perché ho cominciato, ma visto che non esiste – ancora – un’organizzazione di scrittori anonimi che tentano di liberarsi dal vizio e si confessano chiamandosi per nome, tanto vale che io lo faccia qui.
Mi chiamo Alessandro, e sono uno scrittore.
Nella vita faccio anche altro, e con un discreto successo. Mantengo dignitosamente una famiglia, mi concedo qualche lusso, giro il mondo per lavoro. Perfino. Ma come nei peggiori film di spionaggio, tutto questo è solo una facciata. La verità è che io capisco la ragione per la quale sono stato messo su questa terra solo quando una storia mi gira per la testa, e ho la possibilità di metterla su carta. O su tastiera. I dettagli sul perché lo faccio e come lo faccio verranno in seguito, ora la cosa importante è capire come sia potuto succedere.
Credo che la scrittura, per restare in tema di materiali per l’edilizia – è quello il campo in cui mi muovo quando sono Clark Kent, non ve l’avevo detto? -, funzioni più o meno come una malta bi-componente. Ci vogliono due elementi diversi perché si attivi, e vanno mescolati insieme in proporzioni precise. Il primo elemento è qualcosa che alcune persone hanno dentro di sé. Dovendo definirlo, potrei provare con “la capacità e l’esigenza di osservare quello che capita per la strada”, ma sarebbe altrettanto corretto dire “la sfiga di venire colpiti in maniera abnorme da faccende che lasciano indifferente la maggior parte delle persone”. Sensibilità? Massì, adoperiamo la capacità di sintesi. Sensibilità, dunque.
La seconda cosa è semplicemente l’occasione di canalizzare questa sensibilità nella parola scritta. Magari approfittando di una passione di vecchia data per la lettura.
Al mondo esistono un sacco di persone sensibili, ma non a tutte viene messa una penna in mano, o non a tutte viene detto sai? Tu dovresti proprio cominciare a scrivere.
Con me, invece, hanno fatto proprio quel tipo di esperimento. E i risultati, beh, se siete riusciti a leggere fino a qui, penso iniziate a farvene un’idea.