La settimana scorsa a Barcellona, si è tenuta la manifestazione per l’Indipendenza che ha raccolto più adesioni negli ultimi trent’anni della storia catalana. Nella giornata nazionale della Catalogna che è appunto l’11 settembre, migliaia di persone si sono riversate in piazza per gridare a voce alta il proprio volere di indipendenza dal resto della regione. Tra l’altro proprio secondo quanto ha riportato il quotidiano ‘El Periódico de Catalunya’, il 49,5% delle persone si dice favorevole all’indipendenza della Catalogna, contro il 48% degli oppositori. Tra il 2009 e il 2011 si sono effettuati dei referendum prettamente simbolici e dimostrativi dove si è evinta la percentuale sopracitata.
Ma anche la Catalogna non se la passa bene a causa della crisi che ha colpito gran parte dei Paesi europei, nonostante sia una delle regioni più ricche della Spagna. Il suo tasso di disoccupazione è quasi al 22 per cento. Le misure di austerità adottate dal Governo regionale della coalizione nazionalista del Ciu, hanno fortemente riguardato istruzione e salute, provocando le proteste della popolazione catalana. Ma la Catalogna è anche la regione più indebitata della penisola iberica, con 42 miliardi di euro, pari cioè al 21% del suo Pil. Per far fronte alle scadenze ha dovuto chiedere un aiuto da 5 miliardi di euro allo Stato. E stando ai calcoli effettuati dal Governo catalano, la regione interessata, presenta anche un bilancio fiscale che rispetto allo Stato è deficitario di 16 miliardi di euro, cifra che rappresenta l’ 8,2% del Pil della regione. Da quando però, nel novembre del 2010, ha vinto le elezioni il presidente del Governo catalano Artur Mas, egli lotta con i conti della Catalogna avendo avviato un vero e proprio braccio di ferro con Mariano Rajoy a Madrid, per ottenere la sovranità fiscale della sua regione. Come si può leggere su Euronews, secondo quanto riportato da Ferran Civit, uno dei responsabili dell’Assemblea Nazionale Catalana.
Più che la crisi economica, molti fattori diversi hanno portato all’attuale sentimento di indipendenza. Tra questi la mancanza di rispetto per la differenza culturale e nazionale dei diversi popoli che compongono lo Stato spagnolo. C’è poi la disparità fiscale patita dalla Catalogna. E poi la crisi non ha fatto che aggravare le cose, con i tagli ai servizi sociali. Al tempo stesso c’è una forte consapevolezza sociale dei diritti nazionali ed individuali. C’è una coincidenza di fattori che hanno portato oggi, giornata nazionale della Catalogna e dell’11 settembre, molte persone, centinaia di migliaia, milioni a scendere in piazza a Barcellona per rivendicare uno Stato indipendente. Ci aspettiamo che sarà nel solo senso di accelerare la storia. Nello stato attuale di crisi non crediamo che la Spagna accetterà di cambiare il modello di finanziamento delle comunità autonome e ancora meno un patto fiscale preferenziale per la Catalogna. In questo scenario l’unica possibilità è uno Stato indipendente per vivere in armonia e con la stessa unità ed eguaglianza di condizioni degli altri popoli europei e della penisola iberica.
Proprio l’Assemblea Nazionale Catalana sta progettando un referendum per l’indipendenza nel 2014, lo stesso anno scelto dal presidente del Governo scozzese Alex Salmond per la consultazione popolare sulla separazione dall’Inghilterra. Ma i dubbi restano in quanto lo stesso Civit ha ricordato come “Non è facile perché noi non abbiamo la tradizione democratica della Gran Bretagna, che è una democrazia più che centenaria. Lo Stato spagnolo ha una tradizione democratica troppo breve. Ce ne rendiamo conto per le dichiarazioni dei militari dal tono minaccioso e, al contrario, per quel che accade nel Regno Unito. Ma questa differenza non è poi così importante. Noi vogliamo seguire la nostra strada. E, se si può accelerare questo processo e proclamare l’indipendenza a fine anno o all’inizio del prossimo, tanto meglio”.