Era da tempo che non leggevo un thriller fatto bene, di quelli che ti risucchiano nella storia e non ti lasciano staccare gli occhi dalla pagina. Ho preso in mano “La culla buia” di Sophie Hannah con poca convinzione, avvezza a pseudo gialli banali, nei quali di solito l’assassino è il maggiordomo. Invece, cominciando a leggere, ho subito intuito che in questo romanzo poteva esserci qualcosa di più, quel particolare che rende un thriller degno di tale nome. Ciò che attira dal primo momento è il tema fondante della vicenda: donne ingiustamente o no accusate di infanticidio.
La protagonista, Fliss Benson, che lavora presso un’emittente televisiva, viene promossa un giorno senza preavviso, ritrovandosi tra le mani un documentario sugli errori giudiziari che costringono donne innocenti a passare anni e anni della loro vita in carcere come assassine. Nello stesso tempo, una di queste donne, proclamata innocente dopo anni di calvario in tribunale, viene brutalmente uccisa. C’è un collegamento fra quest’omicidio e il documentario? Con una tecnica narrativa che, capitolo per capitolo, ci fa vivere la storia un po’ dal punto di vista di Fliss e un po’ da quello collettivo dei poliziotti che indagano sul delitto, la Hannah crea una suspense complicatissima che dà ad un intreccio già originale ancora più autenticità, a cui contribuiscono notevolmente gli inserimenti di articoli giornalistici e interviste.
Con una scrittura scorrevole, un’abile caratterizzazione dei personaggi (non ci sono i soliti stereotipi dei romanzi di questo genere) e un insieme di dettagli rifiniti che regalano verisimiglianza al testo, Sophie Hannah è capace di trattare un tema delicatissimo, quello dell’infanticidio e delle madri che perdono un figlio, che siano innocenti o meno. Nello stesso tempo, il delitto, il crimine di cui si cerca di scoprire il colpevole risulta piuttosto controverso e scabroso, sicuramente un progetto complesso da sviluppare, cosicché ne scaturisce un intreccio incalzante, anche grazie all’abilità dell’autrice che dissemina indizi sin dalla prima pagina.
Un thriller ben fatto: la voglia di scervellarsi per scoprire l’assassino c’è, e così pure la suspense un po’ macabra che crea l’atmosfera giusta. Sophie Hanna ha fatto molto bene il suo lavoro.