Nei circoli culturali, negli ambienti letterari e nelle università lo chiamano l’Avvocato. Un nome che evoca immediatamente quello di un’istituzione che rappresenta l’avanguardia culturale contemporanea del Mezzogiorno. Lui è Gerardo Marotta, classe 1927, avvocato di professione ma filosofo e intellettuale raffinato nello spirito; e la sua creatura, il baluardo della cultura, dalla storia alla filosofia, dalla politica e all’economia, che in poco più di trent’anni ha agglomerato intorno a sé frotte di artisti, pensatori, professori emeriti e studenti appassionati, è l’Istituto Italiano degli Studi Filosofici. Una babele moderna che ha raccolto l’entusiasmo di quanti continuano a pensare che la civiltà sia sinonimo di cultura, che il rispetto per l’altro fiorisca nello studio, nella condivisione e nella conoscenza, e che agli uomini di pensiero spetti il compito, oneroso e stupendo, di condurre l’umanità sulla via della salvezza.
A tutto questo crede Gerardo Marotta, con una fede che è paragonabile per intensità a quella religiosa. Figlio illuminato di quel fermento culturale che animò la Napoli di due secoli fa, la Napoli della resurrezione e del nuovo Umanesimo, una Napoli ancora rischiarata dai bagliori morenti della fiorente cultura borbonica, Gerardo Marotta si laurea in giurisprudenza alla Federico II di Napoli, e inizia presto a interessarsi di storia, letteratura e filosofia, frequentando l’Istituto Italiano per gli Studi Storici fondato da Benedetto Croce, suo padre culturale e modello a cui si ispirò nella fondazione dell’associazione Cultura Nuova, che diresse fino al 1953 e dai cui pseudopodi nacque in seguito l’idea dell’Istituto Italiano degli Studi Filosofici.
Avvocato, lei deve lasciare la sua professione di avvocato.
Così gli dissero nel 1975 Elena Croce, Pietro Piovani, Giovanni Pugliese Carratelli e Enrico Cerulli, allora presidente dell’Accademia dei Lincei, agli albori della nascita dell’Istituto. Che ha il suo zoccolo duro nella biblioteca personale dell’avvocato Marotta, costruita negli anni con zelo e passione, e che rappresenta il cuore pulsante intorno al quale si sono sviluppate tutte le altre iniziative (seminari, convegni, scuole, iniziative di carattere culturale tra le più svariate) che hanno l’obiettivo di rifondare la coscienza civile, uscire dalla crisi e dare nuovo vigore a una cultura poliedrica e antichissima, quella europea, che è tutt’altro che morente.
Un obiettivo che oggi è messo a rischio dalla minaccia di chiusura che incombe sull’Istituto, diventato in pochissimo tempo un punto di riferimento per gli intellettuali di tutta Europa, dalla Sorbonne di Parigi alla biblioteca del Warburg Institute di Londra alla Freie Universitaet di Berlino, e che nei primi anni Novanta si vide riconosciuto valore istituzionale da parte del governo italiano, che gli garantì i finanziamenti pubblici. Finanziamenti su cui si è abbattuta la mannaia della manovra Tremonti, e che dal 2009 non vengono rinnovati.
Oggi l’Istituto, che ha sede a Palazzo Serra di Cassano a Napoli e di cui Gerardo Marotta è presidente a vita, quello stesso Istituto che ha fatto entrare la cultura, e dalla porta principale, nelle città e nelle scuole del profondo e purtroppo dimenticato Sud, dalla Calabria, alla Puglia, alla Basilicata (terra di ingegni, cui Marotta è particolarmente legato date le sue origini lucane), ebbene questa istituzione che è un faro della cultura, rischia oggi la chiusura per mancanza di fondi.
Non sono bastate le donazioni a tenerlo in piedi, né gli accorati appelli lanciati dal suo fondatore e presidente. Perché, purtroppo, la passione e l’impegno – quella passione e quell’impegno che Gerardo Marotta ha profuso e continua a profondere nel mandare avanti quello che resta della sua creatura – non bastano a tenere viva la fiamma della cultura. Che si sta inesorabilmente spegnendo. È una constatazione amara, una verità bruciante, che fa male. Ai posteri rimarrà un’eredità monca, deprivata, scempiata. L’umanità non è pronta ad accogliere un nuovo Gerardo Marotta. Bisogna solo sperare in una resurrezione – politica, economica, culturale. Che oggi come oggi richiederebbe un vero e proprio miracolo.