Secondo innumerevoli ed eminenti critici letterari, nessuno come Shakespeare, prima e dopo di lui, è riuscito a cambiarci, così come nessuno è riuscito a creare, nelle sue opere, esemplari di umanità e Io altrettanto autonomi. Secondo molti altri, giudicare un dramma di Shakespeare è come giudicare la vita: nei drammi shakesperiani l’obbiettivo era quello di riportare alla mente la vita nella sua accezione universale, ma soprattutto mostrarci quella parte di essa, attraverso quell’unica e impareggiabile prospettiva, che senza Shakespeare mai avremmo potuto vedere. Sorte irriducibile del più famoso e celebrato principe danese della storia: Amleto, così come il soliloquio essere o non essere (Atto III scena I), non è più grande della vita, ma di quest’ultima è il tentativo di rappresentarne la grandezza.
Shakespeare produsse Amleto come contributo dell’Arte alla Natura. L’idea dell’uomo occidentale, come un Io infinito dalla grande e inesausta responsabilità morale, ha innumerevoli precedenti illustri: Omero, Platone e Aristotele, Sofocle e la Bibbia, Sant’Agostino e Dante – tanto per citarne alcuni. Ma Harold Bloom, uno dei più influenti critici statunitensi, sostiene che la grandezza di Shakespeare stia nell’aver creato la personalità così come la intendiamo noi moderni. Ancor più degli altri prodigi shakesperiani – Rosalinda, Shylock, Iago, Re Lear, Macbeth, Cleopatra, Falstaff – Amleto è da intendersi allora, nei termini del critico americano, l’invenzione dell’umano, l’inaugurazione della personalità dell’uomo moderno.
Per Amleto l’Io è un abisso, inteso come un Caos nel fondo dell’oscurità più totale. Se Edipo è il grande mito della classicità, Amleto – assieme a pochi altri, è senza dubbio il mito della modernità. Amleto è moderno nel vero senso della parola, è l’uomo in continua ricerca di una consapevolezza ideologia, filosofica ed esistenziale. Il Seicento in Inghilterra vede lo scontro tra un mondo medievale ed uno mercantile-borghese, la certezza di Dio e l’ascesa verso un universo da rispiegare. Amleto si ritrova nel mezzo di questo scontro e decide di scappare rifiutando la posizione centrale, cioè quella del protagonista. In questo caso egli esprime non il rifiuto della tragedia d’altri, ma quella di ognuno. Contro la propria volontà, Amleto sarà il grande protagonista della sua personalissima vicenda tragica.
Per Amleto il problema dell’Essere è un sogno inspiegabile, un privilegio per nessuno. Nessun individuo può raggiungere tale statuto ontologico. Amleto quindi è un nostalgico dell’Essere, ed “è” solo quando indossa la maschera della follia. Ma è una follia finta, com’è finta la maschera di ogni attore con la quale recita una finzione drammatica. Amleto è costretto a vivere tutte le contraddizioni della sua epoca: con addosso la maschera di chi ha in pugno un folle e schizofrenico potere, egli si finge pazzo senza esserlo, poi si finge innamorato di Ofelia, conducendola alla pazzia e alla morte, e tutto quello che non è mai stato affiora attraverso un atto di ritorno, dovuto e giusto: innamorato solo dopo averla persa, egli diventa consapevole della sua stessa follia.
La critica romantica ha definito Amleto come una tragedia del pensiero: la grande razionalità del protagonista lo ha reso riluttante all’azione. Kierkegaard e Nietzsche si preoccuparono rispettivamente dell’aspetto religioso e di quello dionisiaco di Amleto, invece gli psicoanalisti hanno riletto l’opera partendo dal complesso di Edipo. Con gli strumenti della filosofia del linguaggio è stata analizzata sotto il punto di vista della dialettica e della struttura semantica, mentre negli ultimi cinquant’anni è sprofondata in una varietà di approcci critici che vanno dallo strutturalismo alla semiotica, dallo neostoricismo al movimento femminista.
Amleto è l’uomo moderno sempre in cerca di una ragione, di un motivo. Una ragione che alla fine troverà le sue fondamenta nella finzione, così come l’uomo Shakespeare le ha trovate nel teatro. O nella morte, con l’unico rimpianto di lasciare in vita le passioni e i grandi sogni. Allora l’Essere, in quanto inarrivabile, diventa finzione, follia e morte.
Il resto è silenzio.