Piace, nell’atmosfera rilassata dell’estate, prendersi una pausa di leggerezza pensante, abbandonare per un attimo i grossi tomi della narrativa più corteggiata e fidarsi della brevità di un piccolo libro, che si sfoglia con dita lievi ed un sorriso impresso in volto.
“M’Amat non M’Amat”, a cura di Jessica Lo Jacono, è proprio questo: un libretto con l’immediatezza di un TWEET, una margherita che si sfoglia nella declinazione dell’amore – non amore. La geografia è lo spazio ristretto dei mezzi di trasporto gestiti dall’Azienda locale (AMAT, acronimo di Azienda Municipalizzata Auto Trasporti), l’oggetto di cotanti sentimenti la gente palermitana che sul bus sale e scende, scende e sale, in una giostra continua, immortalata in un gesto, in una battuta icastica, in uno strano atteggiamento, sorta di animato tableau vivant.
Si va dalla signora nerboruta che blocca il braccio dell’autista e, in un dialetto piuttosto aggressivo, cerca di convincerlo a cambiare la direzione consolidata per poterla condurre a casa; o ad un altro autista che, per amore di far andare tutti i ragazzi a scuola, al mattino tira dritto oltre le fermate per poi frenare di botto, e così aumentare la capienza del mezzo avvantaggiandosi dell’improvviso ripiegamento dei passeggeri già presenti all’interno, e dovuto alla frenata medesima. O ancora l’anziano signore che chiede ad un’esterrefatta ragazza un’opinione sul paio di scarpe appena acquistato, sfilandosi sull’autobus quelle vecchie e provando in diretta le nuove.
Sono divertissement sotto traccia, l’omaggio indulgente e non pretenzioso di una persona, che ha trascorso buona parte della sua vita sui mezzi pubblici, che ne ha attraversato, con disincantato stupore, le piattaforme osservando e fotografando, in un recesso benevolo delle memoria, i vezzi, i vizi, i pregi, le insensatezze di una gente come quella palermitana, singolare miscuglio di filosofia popolare, tentazione di deragliare oltre i confini della legalità, quasi di piegarla ai propri bisogni ed esigenze, deferenza opportunistica verso l’autorità costituita, ma anche altruismo, spirito di solidarietà, rassegnata saggezza derivata dalla quotidiana confidenza col dolore e il disagio.
L’autrice, palermitana DOC, si ferma un buon passo indietro alla macchietta, non indulge mai nel compiacimento volgare per alcuni atteggiamenti fin troppo caratteristici, o per le asperità colorite del dialetto, preferendo insinuare la piega di un sorriso, rilevando pregi e difetti con l’ironia benevola di chi, nonostante tutto, non può serbare risentimenti, perché conscia fino in fondo della composizione di quegli animi singolari.
E per una concittadina come me, un po’ più arrabbiata e incattivita, che avrebbe maggiormente notato i ritardi dei mezzi pubblici, la loro sporcizia, la petulanza e l’opportunismo di certo “colore” locale, leggere questa piccola testimonianza d’affetto mi ha permesso un breve istante di ripensamento. Magari ho strappato l’ultimo petalo positivo.